“Credo nell'infinito”, ha scritto la ragazzina sul muro della stazione. In realtà non ci crede per niente: è solo un modo di urlare una nostalgia che lei, così giovane, è già così abile nel narcotizzare frequentemente. Una nostalgia di qualcosa di maestoso. Già da giovani si sognano fiabe e ci si contenta della realtà. Sognano il principe azzurro, sognano una giustizia totale, sognano un “Dio” più bello (“infinito” anziché “commissione ecumenica interdisciplinare per la pastorale della nuova evangelizzazione”).
martedì 10 agosto 2010
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