mercoledì 12 febbraio 2014

Siamo nel 2014 e la pacchia è finita da anni. Pochi anni fa Facebook era il paradiso degli stalker. Ogni tanto cambiava le politiche di privacy e all'improvviso venivano fuori tanti segreti di tanta gente che non aveva immediatamente preso contromisure. Ancor oggi c'è gente che non sa di avere un profilo pubblico. Tra queste persone c'è la neo-svizzera che citavo ieri sera. Vive in un paesetto di quattromila abitanti. Lavora in una città vicina, che non sembra facilmente raggiungibile coi mezzi pubblici. Un deficiente di nove anni più giovane di lei clicca su “mi piace” su qualsiasi cosa lei pubblichi su Facebook. Non che pubblichi molto: nove volte su dieci sono le solite stupidissime vignette, e il resto delle volte si lamenta di cose insignificanti, come il maltempo. A volte vorrei avere un teletrasportatore per andare lì nel suo paesetto e incontrarla. Impresa molto ardua: cosa ci fa uno sconosciuto lì a chiedere di una donna che abita lì da anni proprio per sfuggire alla famiglia e agli amici? Allora ci vorrebbe una conoscenza importante presso l'azienda dove lavora. Così, quando lei va alla macchinetta degli snack, aspettarla lì facendo finta di niente. Mentre beve distrattamente il caffè, rivolgerle lo sguardo, uno sguardo da mendicante che sa già in anticipo di non essere meritevole di nulla, e aspettare la sua reazione. Uno sguardo di fastidio, mentre si allontana rapidamente. Oppure uno sguardo nervoso e impaurito, e si allontana rapidamente. Oppure uno sguardo distratto, come se non avesse visto nulla, e si allontana placidamente. Oppure uno sguardo sorpreso - il più improbabile - e magari un accenno di sorriso. Quando Facebook era il paradiso degli stalker, si potevano fare tante cose, si potevano inventare incontri imprevisti. Oggi non è più così. Oggi ho il nome di una città oltreconfine, e nient'altro. Google non mi è di aiuto.

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