mercoledì 29 febbraio 2012

“Questa cosa deve essere prioritaria su tutto”, annuncia tronfio il capo-capetto. “Tu, lascia quello e lavora su questo; tu, lascia quell'altro e lavora anche tu su questo”. Siamo pedine su una scacchiera, spostabili a piacimento, all'improvviso, senza altro motivo che l'ansia del capo-capetto. “Tu, qui! Tu, di nuovo qui! Tu, cerca quell'altro! Tu, concludi questo e quello!” Il nuovo schiavismo. Un capo-capetto funge da padrone, e noialtri siamo schiavi per garantirci il tozzo di pane. Il nuovo schiavismo.

martedì 28 febbraio 2012

Sono ansioso, ma l'ansia mi resta tutta dentro. I capi e i capetti sono altrettanto ansiosi, ma sanno scaricare i frutti della loro ansia su noialtri. L'ansia non fa parte del lavoro: andrebbe conteggiata tra le malattie professionali, se solo si potesse misurare e diagnosticare prima che diventi incontrollabile.

lunedì 27 febbraio 2012

Avere un blog su cui segretamente scrivere che il capo (anzi: il capetto) batterebbe tutti i record di castronerie, diminuisce incredibilmente la pressione sui nervi. Diminuisce di poco, ma in modo comunque efficace.

venerdì 24 febbraio 2012

Quanto detesto vedere donne che parlano in modo volgare. Anche quando lo fanno in chat, nascoste da uno pseudonimo. Ma tanto si sa che le “donne in chat” sono per la maggior parte uomini che fingono di essere donne solo per provare qualche (noiosa) ebbrezza extra.
Stavolta toccava a me parlare col cliente. Il cliente mi imbottisce di paroloni, pretendendo un mio assenso. Ingenuamente -sono debole, a volte mi scappa- ho detto non so quale verbo al futuro, alla prima persona plurale, qualcosa come: “certo, analizzeremo”: in quel momento si sono girati tutti a guardarmi, con occhi torvi, uno sguardo di accusa, pronti a gridare: “come ti sei permesso”, “sei stato ingenuo e noi dovremo pagarne le conseguenze”, “volevi sentirti un grande?”

giovedì 23 febbraio 2012

Uno dei pochi argomenti che il capo usa per intrattenere i dipendenti uomini, batte sempre sullo stesso tasto: in tale azienda sono riuscito a portarmi a letto una insospettabile, da tale cliente mi son portato a letto una volta l'una e una volta l'altra delle donne presenti in zona di caccia, eccetera. Non si accorge che quando parla in tal modo ci fa capire che vende chiacchiere. Come le vende ai clienti (chiacchiere vuote, spacconerie, “faremo, vedremo, sapremo”), allo stesso modo le sta vendendo a noi. Chiacchiere. Lui distribuisce chiacchiere, ma da noi vuole i fatti. Vende al cliente una soluzione che esiste solo nella sua fantasia (e noi dobbiamo far diventare “fatti” quelle disastrate e sconclusionate fantasie), e allo stesso modo vende a noi la descrizione, variabile ma sempre uguale, delle sue fantasie erotiche (se fosse vero un decimo di quel che dice, significherebbe che le donne che lavorano in azienda sono tutte puttane a buon mercato).

mercoledì 22 febbraio 2012

Il capo non sa sorridere. Ride svaccato, ma non sa sorridere. Non sa essere umano. Vive ossessionato dal suo lavoro (che gli garantisce un ricco stipendio anche quando commette errori grossolani). Non sa “prendere con filosofia” le frenate, non si sazia mai delle accelerazioni, parla come se tutto il mondo gli stesse presentando una valanga di miracolose occasioni commerciali che per colpa di noialtri (che materialmente produciamo la ricchezza dell'azienda) non si riesce a sfruttare.

martedì 21 febbraio 2012

Quando uno ha voglia di scappare, per prima cosa corre su internet a guardare le fughe impossibili: vacanze dall'altro capo del pianeta, mezzi di trasporto costosissimi per andare lontanissimi, sistemi per diventare eremiti autosufficienti e telefonicamente irreperibili... Internet ti aiuta a sognare, ma sei sempre come in un dormiveglia, sempre pronto ad essere svegliato all'improvviso dalle fastidiosissime e inutilissime esigenze di qualche capetto in vena di dimostrare a noialtri (popolino basso e maltrattable, sebbene “fatturante”), chi comanda qui dentro.

lunedì 20 febbraio 2012

In un'azienda esistono sostanzialmente due categorie di lavoratori: il personale “fatturante” (ossia quello che materialmente produce e che oggettivamente fa guadagnare l'azienda), ed il personale “non fatturante” (ossia quello che serve a tutto tranne che a produrre materialmente ricchezza per l'azienda). Una segretaria potrebbe anche essere utilissima, ma il suo lavoro non “fabbrica” realmente ricchezza per l'azienda. Un capo potrebbe anche essere indispensabile, ma il suo lavoro non “fabbrica” vera ricchezza. Dico tutto questo pensando a quanto “impegnativo” sia il lavoro della segretaria, ossia quanto costano all'azienda le segretarie e quanto oggettivamente siano indispensabile. Stesso discorso per capi e capetti. Un esercito di “non fatturanti” che potrebbe essere facilmente e rapidamente “dimagrito”, con grande vantaggio per l'azienda e grande sollievo per noialtri “fatturanti”. Sarebbe come avere un parco veicoli, di cui i furgoni “fatturanti” sfruttati fino all'ultima goccia, ed i costosi “non fatturanti” circolanti poco e per mansioni del tutto secondarie.

venerdì 17 febbraio 2012

Quando l'aria diventa pesante, vien voglia di scappare. Quando il capo (ossia il capetto) va avanti e indietro cercando qualche pecorella da sbranare, bisogna tenersi “di basso profilo”, silenziosi, accondiscendenti, estranei ad ogni espressione di emozioni, totalmente “tecnici” ma estranei ad ogni manifestazione di dati e risultati (anche se fossero dati positivi). Come quando una pecorella attraversa la giungla, mentre il capetto si trasforma da pitone a piranha, da leone a tarantola.
In Italia i capi sono capetti. Stabiliscono cosa si deve fare, senza sapere se sia possibile farlo. Stabiliscono quanto tempo ci vuole, senza sapere come sia possibile farlo. Sarebbe come se pretendessero di vendere un romanzo best-seller impegnandosi a stento a dire come dovrebbe suonare il titolo, mentre i dipendenti dovrebbero indovinare una trama di successo, convincere un editore di prestigio, inventare un'efficace campagna pubblicitaria capace di provocare entusiaste recensioni. Quando ci chiede: “Allora, siamo pronti?” ci sta accusando di essere incompetenti. Quando ci chiede: “Quanto tempo ci vuole?” ci sta accusando di essere lenti. I capetti sono scimmioni con cravatta.

giovedì 16 febbraio 2012

Tutte le cose che in azienda non si dicono. Il cliente sapeva benissimo che quest'azienda avrebbe dovuto pagare di tasca sua l'impianto. Il cliente sapeva benissimo che l'impianto sarebbe servito solo per pochi mesi. Il cliente ha trovato dunque il modo di procurarsi l'impianto facendolo pagare all'azienda per cui lavoro. Ora, in un mondo normale, i capi si sarebbero quantomeno infuriati. Invece tutto tace, tutto resta in silenzio, tutti i sorrisi d'ordinanza spalmati su quelle facce da scimmioni con cravatta al collo. Strane bestie: quando incassano una perdita enorme sorridono; quando scoprono una perdita di un pugno di centesimi sbraitano per un mese. Strane bestie. Si direbbe che costitutivamente amino essere truffati alla grande, mentre adorano sentirsi truffatori nel piccolo. Strane bestie. E guai a chi fa presente tutto questo, guai a chi fa notare la furbata del cliente, guai a chi fa notare questo ridicolo andazzo.
Mi meraviglio sempre nel vedere che esistono persone che hanno come problema principale il come organizzare il proprio tempo libero e i propri divertimenti. Non hanno preoccupazioni sul lavoro. Si preoccupano solo della loro vita sociale e di come divertirsi, di come lamentarsi della politica, di come filosofeggiare sull'ultima delle mode... Il lavoro, per loro, consiste solo nel contare il numero di minuti che mancano al ricevere il prossimo stipendio.

mercoledì 15 febbraio 2012

Ogni tanto sogno di ritrovarmi all'università. Ha cambiato forma, è qualcosa di futuristico, ma le aule e le sale di studio sono agli stessi posti: “in fondo sulla destra”, “a sinistra del corridoio lungo”... Ricordo abbastanza bene un sogno fatto almeno due anni fa. Futuristica: le sale di studio in bianco, le aule con colori tenui e scuri. Un paio di giri all'interno e all'esterno, il tempo di ricordare che almeno un'altra volta ho sognato quei luoghi. E poi in fila per la mensa, con quel viottolo che sembrava un bazaar turco. Il piacere dell'erba dei giardini, il solo passeggiarvi al sole rendeva tutto più gradevole, conciliava addirittura il sonno. Ho il terrore che un giorno tornerò nella vera sede, veramente futuristica, nella realtà, e troverò ciò che avevo sognato ma con inclusi i brutti ricordi del periodo universitario (che nel sogno avevo semplicemente cancellato).
Uno si rende conto di essere troppo vecchio quando comincia a calcolare i giorni che gli restano da vivere e vede che sono in ogni caso insufficienti a realizzare tutto quello che aveva sempre avuto in mente fino a quel momento.

martedì 14 febbraio 2012

Sì, da piccolo avevo tanta fantasia ma pochi mezzi. Avrei voluto leggere, ma non avevo libri a parte quelli di scuola e pochi libercoli insignificanti. Avrei voluto imparare a suonare qualche strumento musicale, ma erano troppo costosi. Avrei voluto imparare a guidare qualcosa, progettare qualcosa, costruire qualcosa, ma non avevo nulla. I miei giocattoli erano contati: mi divertivo a censirli e a stabilirne le priorità, passai una volta un intero pomeriggio a immaginare di schematizzare cosa si potesse fare con quel poco di plastica idiota che avevo. Da allora mi è rimasto il desiderio di far fruttare tutto ciò che ho, inclusa la polvere sotto le scarpe. Ma è rimasto solo sogno, è restato solo una fantasia di bambino.

lunedì 13 febbraio 2012

All'inizio non ci credevo. Poi un po' ho dovuto accettarlo. Ora lo sto ridimensionando di nuovo. Molto del nostro male, mi dicevano, è causato da ciò che mangi e da come lo mangi. Mangiare in fretta, mangiare scadente, mangiare disordinato, il corpo si ribella, il metabolismo impazzisce, metti chili, perdi chili, ti senti affamato anche se sei gonfio, ti senti sazio anche se sei a stomaco vuoto da ventiquattro ore. Ma ora sto ridimensionando quel timore: al massimo è una concausa, ma non è la causa. La causa del mio male è il mio lavoro. Un lavoro che uccide i nervi. Non si può dare la colpa alla sregolatezza nell'alimentazione: sono tutte scuse. La sregolatezza è una concausa, non è la causa.
Quanto sono patetiche quelle telefonate in tarda serata da parte di un amico che si è autoincaricato di salvarti l'anima. Teme che tu possa fare qualche gesto di rappresaglia contro qualcuno che ti ha fatto del male. Teme che tu possa mobilitare, sull'onda dell'ira, qualche avvocatucolo che toglierà sonno e soldi ai due litiganti improvvisati. Teme che tu possa fare qualche idiozia e perciò mette mano al cellulare, in tarda ora, preparandosi il discorsino per farti rinsavire. Se per rinsavire bastassero discorsini e discorsetti, sulla Terra non ci sarebbero mai state guerre e neppure liti condominiali. Il moralista che fa il discorsino, anche se onesto e in buona fede, sortisce sempre l'effetto opposto. Con me sei stato fortunato: ero al bagno, non ho sentito la chiamata. Ho visto che eri tu, non ti ho richiamato perché non voglio farti spender soldi per avere come unico risultato quello di farmi saltare di nuovo i nervi. Quanto sono patetiche le telefonate degli autoimprovvisati infermieri da manicomio.

venerdì 10 febbraio 2012

Comprare un regalino per una donna che se lo aspetta è un'esperienza strana. Ti trasforma per qualche minuto. Entri di tua volontà in un negozio in cui non avresti messo piede neanche se spinto da dieci energumeni. Osservi in giro i ninnoli più assurdi senza pensare che qualcuno ti sta considerando un cretino o una checca. Ti fermi a contemplare un aggeggino che normalmente non varrebbe ai tuoi occhi nemmeno il tempo di guardarlo e dopo un po' lo porti alla cassa per pagarlo. Il commesso, con aria indifferente, chiede se preferisco una confezione regalo. Sì, esatto, incartalo in modo da creare l'aspettativa alla fanciulla che lo riceverà. Scarterà quell'inutile arnese, che hai pagato fior di euro, sorridendo per l'ansia di sapere cos'è. Eppure lei stessa sa già che in un negozio del genere si può comprare solo roba del genere. Nessuna sorpresa. Sapevi già che lei poteva intuirlo. Eppure lo hai comprato ugualmente. Sei diventato “strano” per qualche minuto. Ed ora tocca a lei essere “strana”. Questi pochi minuti di emozione, tuoi e suoi, passati attraverso un'impresa commerciale che vende ninnoli idioti funzionali solo a queste reciproche recite intitolabili “che-carino-che-carino”, parole che lei dice al costoso aggeggino e che tu, finalmente, per un attimo, puoi sognare come dirette a te.

giovedì 9 febbraio 2012

Una persona di cui ti fidi all'improvviso fa un giochetto strano. Il risultato sarà che tu ne ricaverai un danno, qualcuno dei suoi amici ne ricaverà un vantaggio, e la persona di cui ti fidavi ti dirà con una falsa aria innocente: “ma forse non mi avevi capito”. “Forse”? “Capito”? Senza altro motivo che un guadagno momentaneo, ti accoltellano alle spalle. Senza neppure pianificare, senza nemmeno progettare: arriva l'occasione, e dottor Jekyll si trasforma in mister Hyde.
Dichiarare su un blog anonimo e sconosciuto che il capo in azienda è un cretino (senza far nomi), non dovrebbe essere sufficiente per venir licenziato. Quindi lo dico, e lo dico a gran voce: è un cretino. Dirlo qui sul blog dovrebbe allentare la tensione che lui spalma sui nervi miei e di tutti gli altri suoi sottoposti. O almeno, così spero. Definizione di capo cretino: uno che crede che per migliorare la produttività ci sia continuamente bisogno di urlare che dobbiamo fare di più e meglio, trattandoci come se fossimo dei deficienti pronti a disfare la tela di Penelope non appena lui non ci vede.

martedì 7 febbraio 2012

Una ragazza seduta nella fila davanti a me. Avrà avuto vent'anni. Tanti ricci nei capelli, un fisico non proprio perfetto. Una borsa lasciata semiaperta, da cui si scorge... un santino con una “Orazione a san Giuseppe”. Più sotto qualcosa che sembra una corona del rosario tutta consumata. Vent'anni, amante della musica classica, cattolica. Mi ricorda la mia collega cattolica. Anche lei aveva quel non so cosa che la rende più attraente, più interessante, benché non proprio una fotomodella da urlo. Quel “non so che” potrebbe essere il fatto che per motivi di coscienza non è una che va di letto in letto. Non è una puttanella qualsiasi. Vent'anni, donna, non puttanella: è qualcosa che si può capire solo quando si è alla ricerca di qualcosa di molto più grande di una buona scopata. Ossessionati dall'idea di dover scopare, trombare e ancora scopare, gli uomini perdono di vista le cose della vita. E si avventurano in storie “amorose” con donne abituate a trombare qua e là, cioè abituate a tradire, e che anche quando decidono di mettere la testa a posto e organizzarsi una vita seria prima o poi ricadono nell'abitudine giovanile (cioè quella di prima della menopausa): “concedersi”, pensando di essere “adulte” e “libere” nel farlo. Una volta il matrimonio normale era sposarsi illibati. Casti. Fors'anche vogliosi di scopare, ma mantenuti casti fino al matrimonio. Sì, costava qualche fatica, però garantiva risultato. All'epoca non si diceva “scopare”, non si parlava di “trombate”, era la vita matrimoniale e basta, era il “finché morte non vi separi”. Così, dalla cosiddetta “prima volta” in poi, era un conoscersi, uno scoprire qualcosa di nuovo, di assolutamente esclusivo, qualcosa che nessun altro al mondo aveva già assaggiato. Il sesso era qualcosa di così riservato e intimo, che nessun altro al mondo avrebbe potuto sapere, capire o intuire la “magia” della prima volta, e della seconda, e della centesima, e della millesima... Ci si adeguava a vicenda, nelle caratteristiche di entrambi, le capacità, i ritmi, le delicatezze, un mondo nuovo, esclusivamente per lui e lei... Un altro pianeta, proprio un altro pianeta rispetto all'epoca odierna, fatta di trombate “da performance”, da “servizi particolari”, da necessità di “ravvivare il rapporto”, da urgenza di boicottare i ritmi naturali (con viagra, preservativi, pillole, creme, arnesi vari). All'epoca era sesso, ma da sogno. Era come arrivare a digiuno ad un pranzo luculliano (invece oggi si arriva già sazi e alla ricerca di stranezze e stuzzichini). Era qualcosa che oggi solo i più romantici possono sognare (e comunque anche i più romantici, appena sono nudi come vermi davanti alla propria donna, hanno l'urgente preoccupazione di esibire “performance”, di farla “impazzire”, eccetera: posson anche sognare, ma in fin dei conti al momento di “fare” sono uguali a tutti gli altri). Certo, oggi tante ragazze “religiose” sono in realtà volgari troiette ipocrite che cercano solo di alzare il prezzo. Ma quella lì al concerto no, non doveva esserlo, non poteva proprio esserlo. Una troietta non può riuscire a tenere con delicatezza un'immaginetta di san Giuseppe nella sua borsa (il santo della castità) senza farlo apparire un orpello da esibire.
Faceva bene Dante a mettere i traditori nel cerchio più basso dell'inferno. I traditori degli amici, i traditori della fiducia, quelli che deliberatamente approfittano della tua fiducia.

lunedì 6 febbraio 2012

Vizietto diffuso: vogliono scatenare il finimondo ma senza rischiare di essere riconoosciuti come coloro che volontariamente hanno acceso la miccia.

venerdì 3 febbraio 2012

La corsa delle illusioni, cioè la vita. Nella corsa delle illusioni vince chi è duro al punto giusto, cinico al punto giusto, intelligente e comunicatore al punto giusto... e fortunato al punto giusto. Puoi avere tutte le qualità del mondo ma se nasci nella famiglia sbagliata e nell'epoca sbagliata, dovrai avere qualche grossissimo motivo per vivere.

giovedì 2 febbraio 2012

Rileggendo antiche pagine di questo blog riscopro momenti di pure emozioni, puri sentimenti, che da tempo mi sembra di non vivere più. Mi vedo ancor più stanco e affaticato. Era un'epoca in cui lavoravo duro e mi innamoravo molto. Ora mi limito a lavorare duro, ubbidendo all'ordine perentorio di inseguire soluzioni impossibili, di risolvere problemi inesistenti, di assecondare voglie di comando. Ma non vivo più quelle emozioni di prima. Il tempo passa e sembra rallentare tutto. Il mondo va avanti ma la mia vita si ferma. Le donne che cerco di tener vicine fanno di tutto per allontanarsi da me, forse presaghe di una dichiarazione che vorrebbero sentirsi fare invece da qualche proprietario di una BMW o Mercedes, dotato di enorme stipendio, fisico da fotomodello, romanticherie da filmetto americano di serie B. Finiscono poi per innamorarsi di un disoccupato spendaccione, giocatore e cinico, beffardo e volubile. Quanto è triste l'idea che la scelta è stata libera solo se è stata irrazionale. Non vogliono un uomo che le ami, vogliono una figura televisiva da sfoggiare nei discorsini con le amiche, e poi si trovano tradite e umiliate e dimenticate e ugualmente decidono di restar lontane da me.
Per qualche misterioso diabolico motivo queste coppiette pomicianti sembrano far di tutto per farsi vedere. Vedete? Noi siamo entrati nel mondo degli Adulti, infatti facciamo cose che fino a cinquant'anni fa erano qualificate come Solo Per Adulti, vedete? E poi le facciamo non per necessità impellenti (nessuno è mai morto per astinenza da pomiciate) ma soltanto perché Facciamo Quel Che Vogliamo: sono infatti le Nostre Voglie Momentanee la legge suprema dell'universo.
La dolce voce di una donna può trasformare una bestia in un uomo. Ma oggi le donne non sanno più essere dolci. Sanno solo esser sdolcinate.

mercoledì 1 febbraio 2012

A quell'orrido buco ti ci sei affezionato. A quelle patetiche mura, ti ci sei affezionato. A quello schifoso servizio igienico, a quel miserabile cucinino affumicato, a quelle luci tremule, quei rumori fracassoni, ti ci sei affezionato. Ti sei abituato alle facce losche che ci sono in giro. Non ti dà più peso sentire le violenze (spesso non solo verbali) degli appartamenti intorno. Sei diventato silenzioso e quasi invisibile proprio per non avere rogne col vicinato. Proprio perché sai che lo sfratto è imminente. Proprio perché sai che puoi essere gettato via per far posto ad un altro disposto a pagare qualche liretta più di te. Sei stato preciso nei pagamenti dell'affitto proprio perché sapevi che prima o poi ti sarebbe stato necessario urlare: “proprio io che sono stato sempre preciso e onesto”. Ebbene, i “padroni”, cioè coloro che hanno per virtù solo il fatto di essere figli di chi ha potuto spostare ingenti somme di denaro tra mobili e immobili, i “padroni” sono sul punto di applicare il loro ultimatum, di cacciarti di casa nel modo più meschino, chiedendoti un aumento che non sei in grado di pagare. Sanno bene che non puoi ricattarli in nessun modo, perché non hai vie d'uscita, non hai scappatoie, non hai strategie e mezzi di riserva. Il Potere è questo: forte con i deboli e debole con i forti. La tua debolezza è la loro forza, ma non puoi vincere una debolezza materiale perché il povero non diventa ricco soltanto sforzandosi di diventarlo.