venerdì 30 dicembre 2011

Una volta potevi vedere in giro donne vestite con notevole semplicità, donne che avevano scoperta solo la testa e le mani, donne che l'unica cosa aderente che indossavano era la fascia tra i capelli... e coglierne tanta bellezza da restare a bocca aperta. Oggi le vedi più svestite di una battona di periferia, e cinque minuti dopo le hai già dimenticate. Una volta coglievi quella bellezza in un'infinità di fattori disposti armonicamente. Oggi uno sceglie moglie selezionando la donna che ha le chiappe più vistose. Sposano un paio di chiappe con -incidentalmente- una donna attaccata vicino. Poi si lamentano che il matrimonio riesce una merda (e non lo dico per fare umorismo).

giovedì 29 dicembre 2011

Quarant'anni abbondanti, sposata, figli, divorziata, annoiata, malinconica. Cerca un uomo, vuol rifarsi una vita. Dopo aver promesso ad un altare (religioso o municipale, non fa differenza) fedeltà e amore senza limiti per tutta la vita... ha bisogno di “rifarsi una vita”. Un animale da compagnia, possibilmente dotato di automobile e di stipendio sicuro. Incredibilmente, pensa che “stavolta” sarà la volta buona. Pensa che il prossimo principe azzurro sarà incapace di tradire, incapace di mentire, incapace di egoismi, incapace di annoiare. Le peggiori bugie a cui più stupidamente crediamo, sono quelle che ci inventiamo per consolarci.
L'equivoco moderno: credere che la bellezza venga nascosta dai vestiti anziché dall'atteggiamento. La bellezza è armonia. Ridurre l'armonia di tantissimi fattori al solo fattore “curve”, significa scavarsi la fossa per un'esistenza di delusioni (amorose e non amorose).
I nostri nonni etichettavano in modo sprezzante le donne convinte che per essere belle e frizzanti occorresse esibire le proprie curve. “Una vacca in libertà”, dicevano per una scollatura ampia. “Una gallina che sente l'uovo al culo”, dicevano di una ragazzina che per sentirsi adulta si vestiva come una puttana di periferia. La cosiddetta liberazione sessuale ha “puttanizzato” tutte le donne. La cosiddetta televisione ha “puttanizzato” le mamme, specialmente nei confronti delle figlie. Ancora non ha l'età per andare in prima elementare, e non passa minuto che la mamma non faccia allusioni al fidanzato, al maritarsi, al fare certe cosettine col fidanzatino... No, non dico queste cose provando scandalo. Provo solo fastidiosa indifferenza. Per scandalizzarsi occorre essere religiosi (“religiosi” non significa “credenti” in qualche religione, ma convintissimi di un livello di morale, di un livello di decenza, di un qualcosa che non si sa perché ma è bene non distruggere). Se vedo una vacca in libertà, la guardo compiaciuto, e poi - se non posso portarla a letto, come nella maggioranza assoluta dei casi - passo oltre, la dimentico. Tutto quel suo esporre curve è servito non ad essere valutata come “bella”, ma solo ad essere scrutata da ogni angolazione utile e poi dimenticata. Se vedo una gallina che sente di avere un uovo sotto il culo, provo solo fastidio, una fastidiosa indifferenza: la dimenticherò presto, prestissimo. Uscendo dalla metropolitana, già non ricordo più quanti e quali culi avevo argutamente osservato prima di partire pochi minuti prima. Le vacche umane e le galline umane sono le vere vittime di questa assurda mentalità: sono state convinte che per sembrar belle devono “puttanizzarsi”. Col risultato che le guardiamo, se possiamo le utilizziamo, e poi quando non servono più le scarichiamo. Anche (soprattutto) quando diciamo “bella”. Oggi, per un uomo, la parola “bella” significa “me la tromberei finché non trovo un'altra”.

mercoledì 28 dicembre 2011

...è come i ganci per le carrozzelle che si vedono nei treni. Non li ha mai usati nessuno, in mia presenza. Mai. In tanti anni, mai, mai, mai. Quanta gente avrà lavorato per progettarli, ingegnerizzarli, costruirli, economizzarli, collaudarli, consegnarli, installarli, manutenerli, aggiornarli, standardizzarli, verificarli... Mai usati. Dopotutto, chi è costretto su una sedia a rotelle, non può stare a controllare quanti e quali mezzi pubblici, e quante e quali fermate, siano “accessibili”. Una spesa immane per dotare di “accessibilità” stazioni e mezzi in cui non accedono mai le persone costrette sulla sedia a rotelle. Uno spreco assurdo. E come al solito l'unica voce di spesa che non vedono l'ora di tagliare è lo stipendio di coloro che materialmente producono ciò che sostiene l'azienda. (a questo punto devo aggiungere il solito noiosissimo disclaimer: non ce l'ho contro l'accessibilità per i disabili, non ce l'ho contro i disabili, ma ce l'ho contro gli sprechi, ed ancor più ce l'ho contro coloro che cercano ogni scusa per ridurre il personale che produce, ma non diminuirebbero di un centesimo qualsiasi altra voce di spesa).
E così un mattino ti svegli mentre sognavi di abbracciarla appena incontrata, la ragazzina che a scuola nessuno notava perché senza infamia e senza lode, perché non brutta ma nemmeno carina, perché silenziosa e mai protagonista, e che dopo la scuola tutti avevano dimenticato. Tanti anni dopo la sogni, e la cerchi su internet, e la trovi su facebook con un finto sorriso, un'età da rughe, un marito che l'ha presto abbandonata, qualche moscone che le gira intorno da anni sperando di riuscire a usarla e sperando che non compaiano altri concorrenti. L'abbraccio resta solo una cosa da sogno, solo per quando la sera prima la cena è stata troppo leggera o troppo pesante. Non sono le rughe ad averla trasformata. È stata un'intera vita senza colpi di scena, senza infamia e senza lode, a rovinarla. Una vita normale, fatta dei soliti sogni e delle solite speranze. Una vita in cui non è accaduto nulla di grande, tranne le delusioni.

martedì 27 dicembre 2011

Mangiare mi gonfia ma non mi toglie il senso di fame. Ho sempre come la voglia di mangiare qualcos'altro. Per mia fortuna non ho niente di prelibato sotto mano. Non vorrei far la fine di quei ricchi che aprono una confezione per poi assaggiarne meno di una briciola, e poi la abbandonano.

venerdì 23 dicembre 2011

Il collega X mi detesta e in giro parla male di me. Il collega Y è andato a dire ad uno dei miei responsabili che io creo problemi. Quest'ultimo incarica il collega Z (che io stimo) di trovare un modo per dirmi di smettere di creare problemi. Mai sottovalutare le meschinità umane... X mi detesta, ora anche Y, il responsabile che si fida di loro pur sapendoli malelingue ed infine, meschino come loro, evita di affrontare direttamente con me le questioni.

giovedì 22 dicembre 2011

Una malattia, un handicap, un problema fisico, fanno diventare strane le donne. Si autoaccusano del proprio male. Si convincono che non troveranno mai un uomo, e quando un uomo si avvicina loro, si comportano come per forzare la dimostrazione della loro assurda teoria.

mercoledì 21 dicembre 2011

Uno dei vantaggi dell'aver frequentato quella chat è stato il poter conoscere quella fiorentina e poter cominciare a scambiare con lei qualche messaggio email. È malata e se ne vergogna, come se i problemi di salute fossero colpa sua. Teme che nessun uomo possa amarla: proprio oggi, che si ha una paura terribile dei problemi di salute (anche dei più piccoli), proprio oggi è difficile trovare un uomo disposto a amare e sposare una donna malata. Penso di essere uno dei pochi disposti ad amare e sposare una “malattia con donna incorporata”. Ma ho un po' paura.

martedì 20 dicembre 2011

Quella vigliacca mi ha espulso dalla chat. Crede di governare il mondo mentre finge di sorridere. Sta' tranquilla: non ho intenzione di rientrare nel tuo regno, nemmeno clandestinamente. Non sono così piccino da inventarmi un nuovo nickname solo per dirti quello che ti meriteresti (ma che hai già deciso di non ascoltare, e pertanto è inutile dirtelo). Il mondo moderno è pieno di dittatori che fingono di essere gentili e scherzosi, fingono di essere anti-nazisti e anti-fascisti, ma poi sono più hitleriani di quanto non possano mai immaginare. Hitler, almeno, non fingeva di sorridere.
Funerali? Anch'io ho un'esperienza simile, dei funerali. Ma ero più ansioso, e quindi la brioche mi fu promessa in anticipo (rendendomi ancor più ansioso di riceverla). Per cui mi chiesi che senso avesse partecipare ad una cosa dove bisogna per forza stare zitti e imbacuccati in un cappotto, e se la brioche-premio fosse stata proporzionale alla pazienza di presenziare.

lunedì 19 dicembre 2011

Sono forse l'unico blogger che non parla di fatti di cronaca e che non scrive niente di “natalizio”. Meno male. C'è vita, su questo pianeta.
“Questo è un Residence!” tuonò il giovanotto mentre il suo cane con pedigree annusava la pianta per sapere se era il caso di irrigarla con propri mezzi. Finsi di non capire cosa comportasse la sua affermazione. “Bisogna tornare indietro, perché questa è una Strada Privata”, spiegò il giovanotto. “Ma allora, come arrivo all'incrocio dove si prendono gli autobus?” chiesi, tentando di addossargli la risoluzione del mio problema. Ma il giovanotto probabilmente non aveva mai preso un autobus in vita sua. Per togliersi dai piedi il seccatore che aveva sconfinato nel Residence, indicò la strada verso il cancello: “bisogna proseguire di là, fino al primo incrocio, e lì chiedere dov'è l'incrocio degli autobus”. Risposi: “ma lì al primo incrocio non ho visto nessuno, per questo ho proseguito per la stessa strada fino a trovarmi qui”. Gliel'ho detto solo per dargli fastidio: sono certo che il giovanotto non ha mai dovuto chiedere informazioni stradali in vita sua, tanto più in un freddo venerdì sera di dicembre ad un misero e buio incrocio.

venerdì 16 dicembre 2011

Avrei voluto giurare fedeltà al re, ma in verità quel re era indegno perfino di una gran pedata al culo.

giovedì 15 dicembre 2011

Che tristezza con questi “eroi di importazione”. Basket NBA, graffitari, jeans, Apple. Siamo una colonia periferica degli USA.
L'auto difettosa va portata dal suo meccanico di fiducia, quello che l'ha cresciuta, quello che la conosce bene (e che conosce bene anche il suo proprietario)... non da 15 meccanici diversi che aggiusteranno 15 difetti più o meno inesistenti, tranne quello che chiedevi. Portarla da 15 meccanici diversi significa aver spersonalizzato l'uso di quell'auto, significa considerare l'aggiustamento del difetto come una merce comprabile in qualsiasi supermercato, significa in fondo in fondo considerare il lavoro come una merce. “Io ti pago, tu aggiusti” dice solitamente il capo: il lavoro è una merce, in cambio della quale viene elargito (con estrema parsimonia) del denaro. Ma io non sono merce. Il mio lavoro non è una merce. I soldi non sono tutto. I soldi sono importanti solo perché sono maledettamente pochi e mal distribuiti.

mercoledì 14 dicembre 2011

Un antichissimo dogma del mondo del lavoro dice così: “dato che una mamma è capace di fare un figlio in nove mesi, allora se organizziamo in team un equipe di nove mamme otterremo un figlio in un mese”. Nel mondo del lavoro si fa sempre così, anche nel 99,5% dei casi in cui il lavoro non può procedere con nove mamme in parallelo.

martedì 13 dicembre 2011

Dopo molti anni ho rivisto un'amica di infanzia. Ero certo che fosse lei, assolutamente certo: stesso stile, stessa corporatura, stesso taglio di capelli. Non potevo neppure salutarla. Cosa dirle? “Ciao, tu sei quella che abitava sullo stesso pianerottolo?” E poi? Dalla cartelletta che portava con sè, direi che lavora come guida turistica. Chissà, forse mi ha riconosciuto ma ugualmente si sarà chiesta: “devo proprio fargli capire che mi ricordo di lui? poi farà di tutto per sapere se sono fidanzata, per sapere se possiamo uscire insieme, per sapere se voglio sposarlo... che noioso, come tutti gli uomini (tranne quello che veramente mi interessa e che non si cura punto di me)”.

lunedì 12 dicembre 2011

Bottiglina di bevanda ad alta digeribilità. Che schifo: non il prodotto, ma la pubblicità, è uno schifo. Alta digeribilità: dunque tutto il resto delle bevande è basso? Dunque abbiamo tutti problemi di digeribilità? Dunque i nostri mali sono esclusivamente fisici ed anche una digestione faticosa non c'entra niente con il mobbing che subisci giorno per giorno sul posto di lavoro?
Come tanti, mi piace scrivere racconti in cui mettere letteralmente a nudo la mia anima, in cui mettere nero su bianco la verità di ciò che c'è intorno a me (anche di quella più sgradevole)... ma ogni volta che scrivo qualche riga, mi sento come se avessi buttato giù tanta immondizia irreparabilmente idiota. E così getto tutto via. Sì, è drammatico avere sensazioni che ci è impossibile descrivere veramente ed esattamente con le parole.

venerdì 9 dicembre 2011

Con l'avvicinarsi delle feste di Natale diventano tutti “natalizi”. Odio le feste. Odio Natale e odio Pasqua, perché non servono a nient'altro che a spendere soldi. Odio i compleanni e gli onomastici, perché non servono a nient'altro che a fingere. Quanto più si dicono estranei alla religione... tanto più si affannano a prepararsi il Natale e la Pasqua e il compleanno e l'onomastico: hanno un che di religioso, nella loro fissazione.

mercoledì 7 dicembre 2011

Ho scoperto che la collega tutta carina e tutta bellina alla quale ebbi la fortuna di aprire la porta... non solo è sposata, ma è destinata ad altra sede. Da un lato mi sento vendicato della battutaccia del capo. Ma dall'altro ho un magone terribile perché so già che non la rivedrò più.
Un tratto caratteristico di ogni capetto aziendale è che quando parla con i suoi sottoposto pone delle domande e risposte assolutamente banali. Esempio: “ma questo perché non si può consegnare? manca la parte interna? e allora, perché non avete completato la parte interna? e perché non potevate chiederlo prima, il tempo che vi è necessario? e perché non mi avete detto prima che c'era questo rischio? e perché non avete trovato nessun modo per anticipare il problema?” I capetti fanno domande retoriche.

martedì 6 dicembre 2011

Una figuraccia fatta di recente: mi chiedono di accompagnare una nuova collega. Stupenda, resto davvero senza fiato (il primo giorno di lavoro si è presentata tutta bellina e tutta carina, naturalmente). Il capo se ne accorge e fa perfino una battutaccia che mi fa arrossire. La collega è ovviamente destinata a lavorare tra i capi: per lei, ancor prima di entrare, ero già un numero, un insignificante che si è trovato ad aprirle la porta per pura coincidenza. Se fossi stato un cane mi avrebbe gratificato di una carezza, ma siccome sono un uomo non mi ha degnato neppure di uno sguardo: è fiera della sua bellezza fisica, sa bene che la sua bravura sul lavoro conta poco. Il maledetto capo se ne è accorto che per un interminabile secondo sono rimasto ad ammirarla ed ha fatto in modo da farlo sapere a tutti. Quel giorno non si parlò d'altro.

lunedì 5 dicembre 2011

Con tutto l'internet che abbiamo, è un altro pianeta. Non so come si socializzasse ottant'anni fa, ma funzionava: si poté perfino mettere una tassa sul celibato. Oggi invece no: si può socializzare restando a casa davanti al computer, mandando comodamente foto sul proprio “profilo” di tanti siti web, potendo spacciarsi per ciò che non si è. Nelle chat è tutto un fiorire di nickname “dolce”, “dolcissimo”, “bello”, “simpatico”, eccetera. Ma poi ci si accorge che con la velocità di un clic del mouse altrui, il tuo profilo resta lì abbandonato per mesi. Cambi la grafica, aggiungi foto, cambi template, aggiungi video, scrivi le cose più poetiche che ti vengono dal fondo dell'anima e... non solo scopri che c'è gente che ha saputo farlo molto meglio di te ma ti accorgi che anche a loro non è servito a niente. Non hai “socializzato”. Tutto l'interesse che ti è stato manifestato, è scomparso il giorno dopo. Avevi tanto sognato di aver finalmente trovato una persona che si interessasse di te, ed invece un clic del mouse te l'ha portata via. Quando non si poteva socializzare, ci si sposava tutti, con perfino la beffa della tassa sul celibato per chi non faceva in tempo a trovar moglie. Oggi, che in teoria si può socializzare così tanto, è mille volte peggio. Siamo un mondo di sognatori solitari che in mezzo al caotico fiume di “profili” su internet non possiamo non diventare sospettosi di tutto e rassegnati alla solitudine.

venerdì 2 dicembre 2011

Tipico caso aziendale: un lavoratore il cui stipendio è a tre cifre trova una soluzione per migliorare un prodotto. Cosa fanno i capi? Lo premiano? No, gli chiedono di documentarla bene perché... vogliono brevettarla. Tanto, lo stipendiuccio glielo abbiamo già pagato: che pretende? Che gli diamo una percentuale? L'idea l'ha avuta mentre lavorava per noi, durante il suo orario di lavoro: che pretende? Che gli diamo un premio? Se non fosse stato per quest'azienda, quel lavoratore non avrebbe mai avuto modo e tempo di ideare quella cosa, perciò: che pretende? Che gli diamo una gratifica una tantum? Ma va' là! Una pacca sulla spalla è più che sufficiente. Toh, quello sfaticato è già andato via, eppure non sono nemmeno le 18:30, neanche una mezz'ora in più è capace di rimanere fuori orario? Vergogna...

giovedì 1 dicembre 2011

E' sempre una lotta continua tra coloro che vorrebbero il lavoro “pronto ieri” e già pagato, e coloro che invece vorrebbero il lavoro “fatto bene” e in modo umano. Cioè tra i vertici dell'azienda e i semplici lavoratori. Ai miei capi, sebbene compulsivamente richiedano che il lavoro sia “ben fatto”, non importa niente della qualità: importa solo il rispetto delle scadenze di consegna, scadenze che loro stessi hanno fissato senza conoscere l'entità del lavoro da svolgere.
Tutte quelle volte che ti arriva una grande delusione... è come se tu l'avessi aspettata da tanto tempo, è come se tu avessi sempre saputo ma sempre facendo finta di niente.
Dobbiamo sempre stare attenti perché tutto ciò che ci circonda è fatto per tradirci. Le menzogne sono sempre scritte a caratteri cubitali. Come quando scrivono “fragrante” su certe confezioni. O come quando scrivono “conveniente” sulla pubblicità. O come quando ti mostrano il volto elegante e sorridente di qualcuno che si presume abbia la tua età, i tuoi guai, il tuo misero stipendio, la tua inscalfibile precarietà, i tuoi problemi di tutti i giorni e... con un gesto dl dito sul tasto del mouse e qualche settimana di paziente attesa, diventa milionario e miliardario. Tutto è menzogna, attorno a noi.