martedì 31 agosto 2010

Non ti voglio. Hai dieci anni più di me: non ti voglio. Non ti considero “vecchia” ma “troppo matura per me”: diverresti la mia insegnante, la mia mammina. Non posso volerti come donna, non ce la faccio. Nelle tue foto hai messo quelle della tua giovinezza: eri bella, ma quella bellezza ora non c'è più. Non ti voglio: hai un figlio. Non so immaginare che rapporto potrò mai avere con tuo figlio. Sarà tua proprietà esclusiva? Mi guarderà in cagnesco. Sarà da affidare a me? Mi guarderà come l'intruso. Usciremo insieme? Sarà con noi, oppure sarà la tua preoccupazione, più o meno celata, di tutto il tempo che passeremo insieme. Avrò da essere suo baby-sitter (anche se è grandicello) pensando che è il frutto di qualcuno che ti ha scopata mille volte e poi abbandonata? Non ho il coraggio di parlarti chiaro perché odio far soffrire (e soprattutto odio scoprire le mie carte). Perciò non rispondo alle tue piccole provocazioni. Non ho il coraggio di dirti che l'età e il figlio sono fattori che mi impediranno di stare serenamente insieme a te. Non ho neppure il coraggio di dirti che la foto del tuo volto mi ispira tanta tenerezza, perché tu penseresti al tuo volto attuale piuttosto che al volto della tua foto profilo di Facebook, foto scelta tra quelle che più ti ringiovaniscono, quelle che più ti rendono dolce, quelle che più nascondono la realtà della tua vita. Non voglio essere una bestia da compagnia per te e per tuo figlio.
Tutto questo tuo pubblicare su Facebook sembra diretto a me. Non hai il coraggio di dirmi che ti interesso, forse addirittura ti piaccio, e perciò inondi Facebook di tanti messaggi allusivi di cui forse solo io posso cogliere il bandolo, solo io posso cogliere la logica, solo io posso capire che in fondo mi stai chiamando. Potresti scrivermi un messaggio privato ma non vuoi sbilanciarti, hai paura che io banalizzi, hai paura di perdere l'occasione d'oro. Un diluvio di messaggi su Facebook, ognuno dei quali sembra chiamarmi per nome anche se parla di tutt'altro. Ti ronzano attorno come mosche sul miele (o sulla merda, perché per un animale lurido come la mosca, merda e miele hanno la stessa capacità di attrazione). Ti sganciano a grappoli i loro “mi piace”, ti disseminano di commenti i tuoi cambiamenti di stato, ti taggano su ogni fotina fotina fotina che “potrebbe” piacerti... Tu invece cerchi me. La tua solitudine si vede dal fatto che passi le notti su Facebook, specialmente la notte tra il sabato e la domenica, quando il resto del mondo va a divertirsi e gli assetati di compagnia si crogiolano nella solitudine.
L'eterna fissazione femminile è quella di “piacere” agli uomini. Molto ipocritamente alcune dicono di voler piacere solo all'uomo che amano. Il caso di oggi è questa pischella che mostra le due belle gambe, ben scolpite e accuratamente depilate, nelle sue foto su Facebook, ad uso e consumo dei maiali (me incluso) che vorranno guardarle. Solito circolo vizioso: dato che la maggioranza degli uomini ha il DNA maialesco, allora le donne che vogliono “piacere” si comportano come scrofe. Quel senso di pudore fatto tutto di perbenismo ipocrita ti fa mostrare le gambe come se fossero le icone dell'anteprima della strumentazione sessuale, come in un catalogo di un negozio. Nei negozi c'è almeno la speranza di vedere il cartellino del prezzo; nell'esposizione delle proprie carni, invece, la donna pensa sempre di poter spuntare il prezzo che vuole selezionando il cliente che può “pagare” di più in termini di affettuosità, di ricchezza, di caratteristiche vantabili durante il caffè con le colleghe... Io non condanno il gesto da un punto di vista morale o religioso, ma da un punto di vista educativo. Se tu donna-scrofa ti contenti di uomini-maiali, affar tuo; ma il fatto stesso che tante donne si prostituiscano così (è prostituzione di fatto, anche se non sta battendo il marciapiede), significa che tante altre donne innocenti “dovranno” adeguarsi. Stai di fatto “educando” le altre. Nel momento in cui tutte espongono le loro carni, può una donna “conquistare” un uomo col suo solo volto o con le sue sole parole? Sì, lo può, ma sempre più spesso non lo sa. Non sa che ci sono uomini (come me) più sensibili a quel che lei vive piuttosto che a quel che lei mostra, più in ascolto di quel che lei dice che in cerca delle sue carni, più ammaliabili dal suo volto che dalle sue cosce, più attratti dal suo cuore che dal suo corredo di organi genitali. Non sono un eroe: sono solo un po' meno maiale della media. Ti guardo le gambe depilate che hai messo a disposizione su Facebook, ma con un senso di nostalgia: “se tu stessi insieme a me, non sentiresti la necessità di prostituirti così”. Chiudo la pagina e passo altrove: quelle due gambe non mi hanno smosso il cuore.

lunedì 30 agosto 2010

Come nelle più fosche previsioni, il primo giorno di lavoro dopo le ferie è diventato un massacro di innocenti (a cominciare dal sottoscritto innocente).
Inutile sperare di passare una giornata tranquilla: ecco un capo che viene a distribuire compiti ai pelandroni. Ignaro dell'effetto (o forse solo privo di senso dell'umorismo) ci dice che queste cose vanno completate al più presto e che siamo già in ritardo. Stavo quasi per replicargli che solo stamattina siamo rientrati dalle ferie e che se c'è un ritardo non è colpa nostra ma è colpa del pianeta Terra che nel suo moto di rotazione attorno al Sole si trova ancora nella zona denominata “agosto” nella sezione “primo giorno di lavoro dopo le ferie”.
Non sembra più agosto. Non sembriamo esseri umani rientrati dalle ferie: sembriamo bestie. Strane bestie. Da un lato la frenesia del raccontare il milione di cose viste, fatte, sentite, ingigantendo ogni particolare come se queste ferie fossero state l'ultima irripetibile occasione della nostra vita (in realtà lo si fa solo per giustificare a se stessi l'enorme spreco di soldi in questi tempi di dura recessione)... dall'altro lato la frenetica ricerca del “qualcos'altro da fare”, che in realtà è un modo per non guardare alla mole di lavoro che si è già accumulata. Più vergognoso che strano, questo meccanismo umano: avidi di fatiche quando sono già stanchi, avidi di lavoro quando si vorrebbe solo passare una giornata tranquilla a raccontarsi le due settimane di riposo... che riposo non era, perché fiacca e occhiaie dimostrano che sono state stressanti per tutti, fino a ieri sera. Riposare stanca? E allora cosa è necessario per farci arrivare in ufficio il lunedì mattina puntuali e riposati? Squillano telefoni e telefonini, si aprono e chiudono porte, tutti hanno gran premura ma si fermano volentieri un minuto (cioè cinque, cioè ventisette minuti) per recitare un nome geografico aspettandosi gli “ooh” di stupore e ammirazione dalla platea. In questo formicaio aziendale non sembra più agosto. Sembra solo un'accozzaglia di bestie impazzite.

venerdì 13 agosto 2010

Finalmente: ferie! Arrivederci al 30 agosto...
Da domani, cioè da stasera, dal termine di questa giornata, sarò in ferie. Forse è per questo che mi viene nostalgia di quei tempi in cui l'amore tra l'uomo e la donna era qualcosa di più serio rispetto ad oggi. Oggi l'amore “eterno” viene giurato decine di volte prima di diventare maggiorenni. Quando il numero di “storie” comincia a diventare fastidiosamente alto, si tenta di normalizzare, cercando di ingannarsi con frasi del tipo “questa storia deve essere quella giusta”. Sottinteso: “posso sempre rifarmi una vita”. L'amore “eterno”, secondo i canoni di oggi, non è né amore né eterno. Non è eterno perché non esistono più le persone capaci di amare il partner che sbaglia; dopo una certa quantità di “sbagli”, ci si sente esonerati dal dover amare. Quindi non è nemmeno amore ma era solo un livello di sopportazione degli errori altrui.

giovedì 12 agosto 2010

Intontito, leggevo ad alta voce le parole che vedevo sullo schermo: “donna tu sei mia e quando dico mia dico che non vai più via”. Non sapevo che erano le parole di una canzone e perciò dico subito quello che penso: “che squallido maiale, quanta volgare violenza”. Cala un silenzio palpabile in ufficio. Dopo qualche istante una collega decide che non ho ancora capito il silenzioso gelo di rimprovero e con acredine quasi grida: “ma è Battisti!” Il peggior affronto che si può fare ad un cantante è declamare i suoi versi senza musica. Le melodie attenuano l'apparenza del significato delle parole, così come il miele attenuerebbe il sapore dell'arsenico. Quelle parole sono violenza. La donna che ascolta quella merda di musica è una donna che odia se stessa. “Ma stai decontestualizzando...” tenta invano di aggiustare il tiro. “Violenza”, insisto. Un uomo che ama non ciarla in quel modo, non urla come un rozzo barbaro il suo possesso. In italiano le parle “sei mia” non significano “non desidero altro” ma indicano un possesso. Cosciente o incosciente, quella testa di palta cantava un amore che è possesso, cioè non è amore. Insegna alle donne a odiare se stesse e confonde l'amore con il farci sesso. La rivoluzione dei costumi, durata tutta la metà del ventesimo secolo, ha trasformato l'amore tra un uomo e una donna in una faccenda di sesso e di possesso mascherata da ipocritissime parole poetiche.

mercoledì 11 agosto 2010

Ci sono momenti come questo in cui mi sento tanto tanto creativo, con tante tante cose da dire, e non so neppure da dove cominciare. Sono i momenti migliori per scrivere un racconto. Giù, riversa tutto a ruota libera nel computer finché hai le palpebre e le dita che ancora rispondono. “Giunto a quest'età, tra le donne appetibili, la metà di loro ha purtroppo un figlio...” Comincia così. Vuoi inventare ma lasci andare sempre più realtà in quelle fantasticherie da scrittore con improvvisa cabrata verso i cieli dell'ispirazione. “Non sono adatto ad una donna con un figlio...” Continua così, continua, non fermarti. All'improvviso passi da cabrata a picchiata. Clicchi con foga sul tasto “cestinare” sapendo bene che dal cestino informatico si possono (quasi) sempre recuperare i documenti archiviati lì. Di norma non lascio passare più di un paio di giorni. Ho sparsi nel computer migliaia di racconti appena iniziati. Odiavo i blog e ho finito per aprirne uno, forse solo per queste paginette da pischello brufoloso.


martedì 10 agosto 2010

“Credo nell'infinito”, ha scritto la ragazzina sul muro della stazione. In realtà non ci crede per niente: è solo un modo di urlare una nostalgia che lei, così giovane, è già così abile nel narcotizzare frequentemente. Una nostalgia di qualcosa di maestoso. Già da giovani si sognano fiabe e ci si contenta della realtà. Sognano il principe azzurro, sognano una giustizia totale, sognano un “Dio” più bello (“infinito” anziché “commissione ecumenica interdisciplinare per la pastorale della nuova evangelizzazione”).
Già, è come avere il motore acceso, la marcia innestata e il piede sulla frizione. A un certo punto uno rilascia il piede (“rilasciare” costa meno fatica che “pigiare”) e l'auto comincia a muoversi. Certe occasioni sono fatte così. Il pedale pigiato è quello della malizia, tenuta schiacciata con uno sforzo che altri possono intuire ma non possono vedere. Per lasciarsi andare basta poco, basta diminuire quello sforzo. Basta “attivamente” diminuire, basta “attivarsi” per diminuire, perché anche nella più grande stanchezza tutto il resto del tuo corpo e della tua mente ti dicono che “bisogna” tener schiacciato quel pedale, bisogna tener ferma la malizia sotto i propri piedi. Tutto il mondo ti dice che è giusto e sacrosanto mettersi in moto... ma è solo perché la tua auto è già nella direzione sbagliata, il motore è già acceso e il serbatoio è già pieno. Tutta la vita precedente - aprire l'auto, entrare, accendere il motore - è stata una lista dettagliata di azioni maliziose che come le note di una canzone, prese singolarmente non hanno molto senso, hanno poca importanza, ma prese tutte insieme formano un accordo e tanti accordi dopo qualche minuto mostreranno una canzone che non potevi né capire né intuire nei primi istanti di silenzio che ti sei seduto ad ascoltarla. Così per l'auto e per il pedale della malizia: hai fatto tante cose apparentemente insignificanti oppure apparentemente dotate di ben altro significato ed ora ti accorgi che qualcosa non va più. Sai che se rilasci il piede non avrai più scuse per non effettuare il viaggio. Sai anche che ti costerà uno sforzo (e ti costerà la faccia, perché nessuno ti crederà) girare la chiave per spegnere il motore e tornare sui tuoi passi. Una voce dentro di te grida stizzita: “sei in ballo e devi ballare”. Una voce rassegnata piagnucola dentro di te: “c'è bisogno della malizia per vivere?” Poi finalmente smetti di rotolarti nei sogni e nelle preoccupazioni, ti giri nel letto e riprendi a dormire. Ma la prossima volta potrebbe non essere un sogno. Così come non lo fu due estati fa, quando ti trovasti di fronte a quel bivio.

lunedì 9 agosto 2010

Questa società ossessionata dal sesso ha banalizzato non solo il sesso ma anche i sentimenti. Il primo pensiero che ti coglie quando ti presentano una donna è: sarà già impegnata? Sottinteso: riesco a portarmela a letto oppure c'è di mezzo qualche intoppo? Quando ti presentano invece una donna sufficientemente repellente il primo pensiero è: che spreco, che noia, che inutilità. Magari delle ottocento donne che ti presentano lungo il corso di un paio di decennni non riesci a portartene a letto che una dozzina (o anche molto meno, o anche nessuna)... Ma ogni volta che vedi un volto nuovo femminile pensi alla stessa cosa. Ogni volta, poi, tornando a casa, ricatalogando quei pensieri turpi che affollavano la tua testa, ti viene da riflettere: sono un maiale come gli altri; come gli altri fingo di non essere un maiale; lei sapeva che sono un maiale come gli altri ma fingeva di non saperlo; lei cercava di dare l'impressione di essere una donna seria ma non lo era; con i miei amici parlo delle donne in una maniera tale che mi vergognerei se una donna mi sentisse; allo stesso modo lei parla di uomini con le amiche in una maniera tale che se ne vergognerebbe se io anche involontariamente ascoltassi. Una società di maiali che educa maiali a comportarsi da maiali, fingendo che tutto sia civile e puro: specialmente quelli che della morale religiosa se ne fanno un baffo. Questi sarebbero i “valori occidentali” che a suon di bombe si va ad imporre in Medio Oriente. Una società di maiali puritani, che ipocritamente fingono di essere puliti. Ossessionati dal sesso e ossessionati dal volersi mostrare moderni, “al di sopra di certe cose”. Il sesso è diventato una faccenda “imprescindibile” e i rapporti umani sono dettati da un'ipocrisia opprimente ed ossessiva e quei pochi maiali che si comportando da maiali vengono comunque unanimemente riconosciuti come maiali. Che strano mondo. Vien nostalgia di quelle epoche in cui il sesso non era un obbiettivo ossessivamente inseguito, ossessivamente parlato, ossessivamente descritto, ossessivamente commentato...
Sabato sera l'ennesima uscita idiota. Ottanta chilometri tra andata e ritorno per una cenetta a coppie. Io, lui, lei e lei. Incredibile quanto impegno lui stia mettendo per donarmi la possibilità di andare a donne. Prima era gentilezza (a modo suo). Poi è diventata generosità (altruismo). Quindi è diventato frenetico e opprimente, come se me lo stesse comandando, come di quei genitori ossessivi che decidono che il loro bimbo “deve” avere fame e perciò “deve” mangiare. Infine è diventato ossessivo, come se mandarmi a donne fosse lo scopo principe della sua vita, la necessità assoluta di salvezza. Ha un che di religioso, questa sua ossessione. La gente è sempre religiosa, anche se sempre più spesso è religiosa in questi modi curiosi, questo “fai da te”, questa sindrome della crocerossina che impone (non “propone” ma “impone”) la sua religione di salvezza: “devo” far fare sesso al mio amico, perché il mio amico “deve” fare sesso, anche se l'amico (cioè il sottoscritto) in tutta sincerità ha già detto cento volte che non intende far sesso con una sconosciuta e non intende conoscere una donna allo scopo di scoparla. Tanto più che il sesso non è il punto di partenza. Dovevano saperlo bene le società civili, quando il sesso era una faccenda esclusiva di persone sposate, e il meretricio era l'eccezione tollerata e circoscritta. Questa società ossessionata dal sesso e ipocritamente puritana è riuscita a banalizzare e massificare non solo il sesso ma anche i sentimenti.

venerdì 6 agosto 2010

Guardò un film per far passare la solitudine della sera. Era uno di quei film così noiosi e banali che ti vien voglia di lasciare a metà, ma si ostinò a seguirlo tutto perché doveva pur far passare quella sera di solitudine. Una decina di minuti prima della fine, ecco l'imprevisto: due protagonisti che scambiano parole durissime sull'amare e sul non amare. Spense immediatamente il televisore perché stava piangendo. Il protagonista cattivo aveva usato le stesse parole che aveva usato lui trent'anni prima. Dopo trent'anni si rendeva conto di quanto dolore aveva dato senza rendersene conto a quella che era stata l'unica donna che lo aveva davvero amato in tutta la sua vita. A ventidue anni si è ancora adolescenti e stupidi. Si è incapaci di esprimere ciò che si ha dentro e si ferisce mortalmente il cuore di una donna senza accorgersi di nulla. Ci si ritrova soli pensando di aver ragione, pensando di essere stati abbandonati da una donna incapace di amare. Ma quando ormai tutto era da tempo relegato nel cassetto dei vecchi ricordi, un evento banale come quel film riaccende un fuoco dentro: il fuoco della vergogna e del rimorso, il fuoco del dolore provocato ad una donna con la quale la vita sarebbe stata completamente diversa, il fuoco della depressione per una vita scialba e insipida, il fuoco del ricordo recente di quel divorzio inutile dopo un matrimonio inutile. Mentre ancora le lacrime gli rigavano il volto, la cercò nei soliti posti: Facebook, Google. Nessun risultato. Nessun risultato.

giovedì 5 agosto 2010

Tante sacrosante condanne alla pedofilia e poi sullo stesso giornale pubblicizzano quel servizio per ragazzi che insinua in maniera così esplicita la possibilità di avventurette sentimentali (sottinteso sessuali). La sessualizzazione dei ragazzi ha un doppio effetto: da un lato li abitua all'idea di essere cacciatori e prede in campo sessuale, dall'altro è una tentazione per i pedofili. Bisognerebbe condannare alla sedia elettrica non solo quegli stronzi bastardi dei pedofili, ma anche questi stronzi bastardi che facilitano il compito ai pedofili e distruggono tutto ciò che genitori e insegnanti faticano a costruire.
Quanto è gradevole lavorare in agosto. Aria condizionata, tempo per affrontare con calma le cose, metropolitane poco affollate e soprattutto capi e spie in ferie.

mercoledì 4 agosto 2010

Tutti questi preti che parlano di chiesa, sono come i giornalisti che parlano del mondo del giornalismo o di quei registi che girano un film in cui il protagonista è un regista che deve girare un film. Basta, per carità. Non ne posso più di gruppi autoreferenziali che spargono ai quattro venti le loro quattro autoreferenze.
Sei bellissima. Mi piace il tuo nome. Mi piace il tuo cognome. Mi piace la tua foto su Facebook. Mi piace il tuo compleanno, mi piacciono le espressioni che lasci in bacheca, mi piacciono le tue foto (specialmente le pochissime che ti ritraggono). Mi piace tutto di te. Ma ho scoperto che non sei quella donna bella e dolce che dichiari di essere su Facebook. Sei solo un marito annoiato dal lavoro e dalla moglie, mentre tenti questi percorsi “artistici” aprendo un blog in cui fingi di essere una giovane svampita, con tanto di profilo su Facebook, amici e corteggiatori, scambi di email e chat. Tutto falso. Tutto ben costruito ed architettato, tutto ben occultato alla vista di familiari, amici e colleghi. La tua seconda vita on-line, mentre fai e disfai amicizie, mentre domandi o rispondi, tutto ottimamente architettato. Il finale di questa storia dovrebbe rappresentare tua figlia che per puro caso va sul tuo computer (proprio quella volta, proprio quella rarissima volta che non avevi cancellato tutte le tracce) e scopre tutto.

martedì 3 agosto 2010

“Amami!” gridava piangendo la donna all'uomo che non la amava. “Ho tanti soldi”, singhiozzò poi. Come se l'amore fosse comandabile. Come se in mancanza dell'amore bastassero i “tanti soldi” offerti come contentino per un amore che non è nato. In TV queste scene sono così banali che dentro di noi proviamo un senso di giustizia: l'uomo della legge non si è lasciato corrompere dalla donna che ha commesso il delitto, i buoni vincono sempre sui cattivi, tranne quando i cattivi sono stati presentati come più simpatici. Quest'ultimo punto è il più pericoloso perché insegna, a poco a poco, in modo sottile e convincente, che se nella vita qualcosa ti va male è perché non sei più simpatico al resto del mondo.

lunedì 2 agosto 2010

Nei miei sogni da bambino c'erano solo videogiochi. C'erano solo le astronavi cattive e il mio eroismo nel distruggerle cliccando sul tasto di “fuoco”, senza limiti di missili e raggi laser. Ricordo l'impressione che mi fece un joystick grandioso, dall'impugnatura ergonomica, con switch auto-fire che mi esonerava dalla necessità di muovere ripetutamente il dito sul tasto di “fuoco”. Avrei fatto una strage di astronavi nemiche! Riuscii a farmelo comprare dai miei, non so con quale miserabile scusa. Finalmente mi chiusi in camera per far strage di astronavi aliene: mi preparai tutto per videogiocare, con una ritualità precisa e solenne, assaporando lo storico momento che avrei ricordato per tutta la vita: l'inizio di una nuova era coi videogiochi, con un joystick, il mio primo joystick, un joystick professionale, di quelli da professionisti del videogiocare. Ma dopo pochi secondi dall'inizio della prima partita ebbi la sensazione di una doccia gelida: il sacro joystick era difettoso. Non era la cloche di un aereo: dava piuttosto l'impressione di un giocattolo cinese. Avevo avuto proprio quella sensazione nell'aprire la confezione, ma mi ero rifiutato di credervi, tanto ero preso dal rito preparatorio per la grande videogiocata del secolo. Sotto, poi, c'era davvero scritto Made in China. Nel videogiocare la prima solenne partita pensai a quante improbabili scuse avevo accumulato coi miei per farmi comprare il joystick: proprio loro che di videogiochi non ne volevano assolutamente sapere! Lo avevano comprato proprio dal negoziante più infido, proprio quello che non avrebbe mai sostituito un joystick perché -si sa- i bambini tendono a distruggerli già dalla prima videogiocata... Non dissi nulla ai miei, più per vergogna che per la certezza che me le avrebbero cantate per lo spreco di soldi a cui li avevo costretti. Avverto ancora oggi quel senso di frustrazione di fronte a quei videogames che fino a un giorno prima mi sembravano deliziosi e irrinunciabili mentre la presenza di quel joystick cinese me li rendeva “fastidiosi e irrinunciabili”, tanto più “fastidiosi” quanto più “irrinunciabili”. Se esiste un aldilà, i cinesi che hanno prodotto merda come quella (che ti toglie il gusto della vita da tutte le cose con cui vengono a contatto) avranno un posto tra i gironi più neri dell'inferno. Ed un posto peggiore spetterà a coloro che hanno usato i cinesi per lucrare sulla vendita di quella merda a noi innocenti pieni di sogni e di belle speranze.
Lavorare in agosto non mi dispiace, visto il livello antartico dell'aria condizionata e il livello di guardia assai più basso che nel resto dell'anno. Potrei dedicare molto più tempo al blog ma... sarà il caldo... sento di aver meno ispirazione. Durante tutto l'anno mi dico sempre: in agosto vedremo, nelle vacanze natalizie vedremo, nel ponte vedremo, vedremo, vedremo... Ma l'ispirazione - perfino l'ispirazione per lavare i piatti - è una cosa passeggera. Arriva agosto, arriva il ponte, arrivano le vacanze di Pasqua, l'ispirazione non c'è più.