Non c'è niente di più disgustoso del parlare con una donna dell'uomo che lei pensa di amare. Anzi, qualcosa di più disgustoso c'è: parlarne il venerdì sera quando lei è a casa e si sente sola. Qualcosa di ancor più disgustoso: quando la incontri durante i giorni successivi e lei è raggiante come se non avesse più nessuno dei crucci che ti esponeva minuziosamente durante quella interminabile chat. Sei stato per lei un animale da compagnia, un oggetto usato e gettato via. Lei non capisce cosa provi per lei. Lei non capisce che pur di scambiare due parole con lei sei disposto a parlare perfino di quell'idiota pieno di soldi che lei pensa di amare.
lunedì 31 ottobre 2011
venerdì 28 ottobre 2011
Non c'è niente di peggio di una donna che dice “forse era meglio che non ci fossimo conosciuti”. Ti sta dicendo che avete sprecato preziosissimi istanti della vostra vita. Tu perché insistevi e lei perché ti sopportava. Per cui “forse” (cioè “sicuramente”) era “meglio” (cioè “molto, molto, molto meglio”).
giovedì 27 ottobre 2011
mercoledì 26 ottobre 2011
La cosa più difficile per un uomo è contattare, dopo molto tempo, una donna. L'uomo vorrebbe scrivere: “vorrei fidanzarmi con te: posso?”. Invece è costretto a scrivere tante idiozie. È costretto a quei lunghi, patetici, sdolcinati discorsi per parlare del più e del meno; è costretto ad aspettare una sua risposta; è costretto a decifrare la risposta per capire se può ancora ricontattarla, e se può ricontattarla allora capire se si può uscire per un caffè, e se magari più di un caffè, e poi tutta la fatica per vedere se ci si può frequentare, e poi finalmente capire se lei è disposta ad accettare di stare insieme, da fidanzati e magari anche da marito e moglie... L'uomo vorrebbe scrivere: “vorrei fidanzarmi con te: posso?” e invece è costretto a seguire tutta quella procedura, fastidiosa e burocratica, lunga come la burocrazia e fastidiosa come la burocrazia, un rituale di corteggiamento fastidioso e burocratico, rituale che magari lei stessa odia ma al quale non può sottrarsi perché altrimenti “cosa diranno le amiche”. Ho scritto il messaggio email ma non ho il coraggio di mandarglielo: è troppo magro, è un messaggio email troppo anoressico, si capisce benissimo che ho scritto quindici righe solo allo scopo di sapere se lei accetterebbe di uscire con me a scopo di fidanzamento. Odio gli uomini che quando si sentono soli ripescano l'agendina di “quelle che potrebbero starci”... e mi trovo involontariamente ad essere uno di loro, solo perché mi sono accorto che lei è geograficamente vicina a me e perciò ho pensato che si potrebbe uscire insieme facilmente.
martedì 25 ottobre 2011
Fino a quel momento lei mi aveva completamente ignorato. Poi, nell'alzarsi in fretta, le si è scoperta un po' di pancia. Ero rimasto incantato a guardarla, non per la bellezza che non c'era, ma perché pensavo a quanto sia facile “scoprirsi”, in questa società dove il vestirsi non obbedisce più al pudore e alla protezione. Con mia sorpresa, lei non ne era risentita. Capita rarissimamente che una donna non disprezzi l'uomo che ha sempre ignorato e che viene scoperto a guardarla. Ma in pochi giorni tutto è già finito. Odio le storie che non ti accorgi quando nascono e che sono già morte nel momento in cui vorresti che si consolidassero. Tutto era nato con la velocità di uno sguardo, tutto è finito con la velocità con cui si disperdeva il fumo della sua sigaretta.
lunedì 24 ottobre 2011
Ma sì, ma che brava: hai messo su Facebook un mucchio di foto in cui sei in costume da bagno, un costumino proprio per farti notare anche dal più timido dei maiali. E adesso? E ora? Gli uomini che diranno “bella” penseranno in realtà a come portarti a letto, penseranno soltanto a come portarti a letto. Ma tu di letti ne hai già attraversati parecchi... anche se ancora stai ancora cercando l'uomo “giusto”, cioè stai ancora mettendo sul “mercato dei mariti” la tua attrezzatura sessuale ripetutamente collaudata. Ma l'uomo che ti comprerà, ti amerà davvero? Vendendo la tua “merce” ti stai irrimediabilmente condannando ad essere un oggetto nelle mani del primo buzzurro che crederai “sincero” solo perché pieno di soldi.
Il capo non sa quel che vuole, ma lo vuole subito. Non ha idea di come si faccia, ma pretende che sia “ben fatto”, e per tentare miseramente di nascondere la sua ignoranza dice che non lo voleva così, così è troppo, o troppo poco, o impreciso, o incompleto, o imperfetto. Il capo non sa quel che vuole, ma lo vuole subito, subitissimo, immediatamente.
venerdì 21 ottobre 2011
Scene di vita moderna. La donnona che durante il tragitto in treno si smalta le unghie. Il suo fidanzatino, idiota e annoiato, finalmente si sveglia. Le fa uno squillo sul cellulare (lei sarà in viaggio da almeno un'ora: le donne lavorano e gli uomini dormono! ah, che società! gli uomini fanno lo squillo e le donne ritelefonano: ah, che società!) Lei gli telefona preoccupata e gli dice: “Dimmi, veloce!” Lui farfuglia qualcosa (doveva essere ben poca cosa, e l'ha fatta allarmare inutilmente). Lei insiste: “Dimmi, veloce!” E lui farfuglia ancora. Forse, appena sveglio, voleva solo un po' di compagnia (e pertanto finge di essere romantico: si fa richiamare per dirle un falsissimo “ti amo”, che lei, in treno, preoccupata dai ritardi, dal lavoro, dallo smalto che non si asciuga, dalle gallerie che rischiano di far cadere la linea, dalla telefonata improvvisa, non riesce a capire). Una donnona, che ha scelto un cretino come fidanzato perché pensava di non meritare di meglio dalla vita a causa delle sue forme troppo rotonde. Donnona, in realtà tu meriti di più. Ma il tuo odio verso te stessa (dimostrato dal fatto che non mandi a quel paese il cretino in questione) non permette che la tua vita cambi davvero.
giovedì 20 ottobre 2011
Cara signorina, i tuoi tratti somatici sessuali sono interessanti... mi chiedo se siano nuovi o siano già stati utilizzati. C'era una volta il matrimonio felice: la tua donna era tua per sempre, e prima non era mai stata utilizzata da nessuno... dunque è come se fosse stata tua fin dalla nascita. Una donna tua, tutta tua, solo per te, solo per il tuo matrimonio, tua per tutta la vita, anche durante il periodo in cui non sapevi neppure che lei esisteva. Tutta tua. Oggi invece, salvo rarissimi casi (e tutti per questioni religiose), le donne concedono la propria strumentazione sessuale in usufrutto gratuito a tanti uomini, prima di trovar marito. Odiano sentirsi chiamare puttane, ma si comportano come puttane (con l'unica differenza che il loro “prezzo” è assai inferiore a quello delle puttane vere).
mercoledì 19 ottobre 2011
La signorina semisvestita va a compiere il suo lavoro. Che tristezza la società dove non vale ciò che sai fare, ma solo quanti attributi femminili metti in esposizione. La signorina va dunque ad ostentare le proprie curve. La guardo. Sei vestita così perché vuoi essere guardata. Uno vorrebbe dirti: “e certo che ti guardo” tentando di fare un complimento o un rimprovero, ma verrà sempre preso per idiota debole che vuol sentirsi macho, verrà sempre preso per il solito mandrillo di provincia. Il mandrillo di provincia è quello che non ha i bigliettoni per pagarsi una puttana d'alto bordo.
martedì 18 ottobre 2011
Il capo non vuole sentire spiegazioni, ma numeretti. Vuole giudicare dai soli numeretti. Tu fai il lavoro totale. Tu produci i numeretti e sai come va a finire. Ma lui vuole non il giudizio ma i numeretti che lo fanno sentire un re. Vuole sentire “nove” e sgridarti perché aveva chiesto “dieci”. Vuole sentire “undici” e sgridarti perché avendo chiesto “dieci” tu non sei stato in grado di far “dodici”. Il mestiere del capo è decidere senza sapere, è pianificare senza conoscere, è dare scadenze per un lavoro che non è in grado di fare e nemmeno di intuire. Il mestiere del capo è sgridare: sgridando gli altri afferma la propria superiorità, la propria necessità, la propria esistenza.
lunedì 17 ottobre 2011
Quanto odio le donne che identificando a memoria uomini che conoscono, dicono: quello con gli occhi azzurri, quello con l'auto di tal marca... Ricordano cioè i dettagli per i quali quegli uomini sono superiori a te. Tu non hai gli occhi azzurri. Non hai l'auto. E loro lo ricordano. Anzi: te lo ricordano. Mi consola l'idea che la maggioranza di queste stupide puttanelle verrà sistematicamente tradita dal primo uomo “occhi azzurri e bella auto” di cui si innamoreranno perdutamente.
venerdì 14 ottobre 2011
giovedì 13 ottobre 2011
Vorresti sbattere il telefonino al muro, ma lo odi solo perché è la prima cosa a portata di mano. In realtà odi il tuo disagio. Anche i capi fanno così. Colpiscono cose che non c'entrano niente (come tu colpiresti il muro col telefonino), con i mezzi più inappropriati possibili (come il telefonino), solo perché non trovano altro modo per “colpire” le proprie stanchezze e i propri disagi. E noi ne facciamo le spese.
mercoledì 12 ottobre 2011
martedì 11 ottobre 2011
La “sindrome dello sceicco”: di fronte alla vetrina mostra uno sguardo ammirato (vuole essere notato dal resto del mondo, vuole essere considerato un intenditore), entra e... vuole comprare la commessa. Sì, quella in carne ed ossa (soprattutto la carne bene in vista), a costo di comprare tutto il negozio. La “sindrome dello sceicco” esiste a causa dell'eccessiva sessificazione della società e del sempre più ampio abisso che separa le persone normali dai ricchi straricchi.
lunedì 10 ottobre 2011
Storie di ordinaria violenza. In spiaggia il bambino scavò un fosso, orgoglioso di aver raggiunto la profondità di parecchi centimetri. L'adulto glielo coprì con una pedata. Il bambino, pronto a piagnucolare, guardò verso l'adulto, ma quest'ultimo lo fulminò con un'occhiataccia: “qualcuno può caderci dentro!” Lezione di vita appresa dal bambino: se vuoi fare qualcosa di creativo che ti inorgoglisca, trovati prima un posto assolutamente sicuro e lontano dalla vista degli adulti, poiché la società è governata da gente che usa la violenza (contro le persone e contro le cose, violenza fisica e violenza psicologica, con le parole o coi fatti o anche soltanto con gli sguardi).
La gente va in chiesa e cosa si sente dire? Che bisogna fare di più per la pace. Daccordo, ma cosa? Noi siamo dei poveracci, noi viviamo già in pace, noi non vogliamo guerre, ci bastano già i nostri stupidi nemici che vogliono renderci la vita impossibile, ci basta già il nostro capo a farci mobbing o il nostro collega che ci minaccia. Uno va in chiesa e si sente dire che bisogna fare di più per la pace. Per fortuna ho smesso di essere cattolico da tempo. Con certi preti, per essere cattolici bisogna vivere fuori dal mondo. Chi ha i problemi normali delle persone normali, non ce la fa ad essere cattolico, non ce la fa a sentire quei preti che parlano come il telegiornale della sera.
venerdì 7 ottobre 2011
È andata dall'avvocato per chiedere un consiglio. Per chiedergli consiglio bisogna ovviamente pagarlo. L'avvocato la ascolta per una mezz'ora, quasi senza parlare. La interrompe una sola volta: l'avvocato dell'avversario “è una brava persona, un professionista”. Come, scusi? In quel momento lei ha capito che la cricca degli avvocati non fa le “cause” ma fa le farse. In tribunale sarebbe stata tutta una farsa. I due avvocati erano d'accordo. Ma lei non poteva più facilmente uscire da quella tenaglia mortale. Stava pagando un avvocato che era già intenzionato a farle perdere la causa perché l'avvocato dell'avversario “è una brava persona”. Magari gli deve un favore. E lei che lo pagava per farsi utilizzare come pedina di un gioco più grande. Paga per il consulto e va via col cuore in gola. Si ferma a piangere prima di uscire dal portone. L'avvocato le ha venduto chiacchiere e la sta tradendo. Cosa fare? Gli amici consiglieranno di denunciarlo, di abbandonarlo, di fare chissà cosa, ma giunti a questo punto della causa, dopo anni di combattimenti, vale ancora la pena protrarre la farsa? Vale davvero la pena alzare la posta? Si fa prima a lasciare andare avanti l'ingiustizia. Si fa prima a lasciar perdere la causa (nonostante l'avversario abbia sempre avuto torto marcio). Le battaglie legali sono fatte per chi ha i milioni in tasca, non sono fatte per la gente che semplicemente chiede giustizia. Il mondo dei tribunali e degli avvocati è spaventosamente marcio. Un avvocatuccio qualsiasi che voglia far carriera, che gode di uno studio prestigioso, che ha un favore da fare a qualche altro avvocato... lei lo ha pagato, per ottenerne solo guai, anni di guai, anni di ansie e di ingiustizie.
Col cellulare avevo fotografato quell'attimo in cui si vedeva perfettamente la sua avidità e la sua ruberia. Ma ho purtroppo cancellato quella foto. Ne sono perfino contento: quella foto sembrava inquinare il mio cellulare. Un mio oggetto personale contenente la foto di quel bastardo nel momento in cui era maggiormente schiavo della sua avidità.
giovedì 6 ottobre 2011
mercoledì 5 ottobre 2011
Il suo collega parla per tre ore. Tra capi si intendono. Parla di un progetto, parla di venderne altri mille, parla di un sito web on-line dove poterli comodamente comprare, dove far “chattare” i clienti e far vendere ancora di più. Dà aria alla lingua. Parla di progetti non realizzabili. Sembra uno di quei bambini che apre mille progetti, pianifica mille cose, ma poi non realizza niente. Mi correggo: è proprio un bambino che non realizza niente. Solo che ha cinquantacinque anni, stando all'anagrafe.
martedì 4 ottobre 2011
Il capo fa mobbing contro il suo dipendente. Buona parte delle pressioni contro quel dipendente nascono dall'invidia per il gran telefonino che ha il dipendente. Il capo è invidioso di quel telefonino. Potrebbe comprarne uno migliore, ma non vuole: così, infatti, non solo avrebbe da investire tempo per impararne le nuove funzioni, ma lascerebbe capire a tutti che era quello il vero punto di scontro. E allora si vendica. Col mobbing. Mobbing per un telefonino. In realtà invidia di una vita più prestigiosa. Il dipendente ha, con quel telefonino, un pizzico di prestigio in più di una bestia da macello. Ed è questo il punto che stimola l'invidia distruttiva del capo, è questo il motivo alla base del mobbing. Il capo fa mobbing contro un'immagine, contro un concetto astratto, ai danni però di una persona normale, un suo dipendente, reo di rappresentare (seppur molto alla lontana) quel pizzico di prestigio in più che il capo non ha.
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