lunedì 25 agosto 2014

All'improvviso, il dramma: la donna che amavi scompare, attratta talmente tanto da un buzzurro che ti ha già dimenticato. E tu che per sere intere continui a pensare a lei. Si chiamava Enza. Dopo tutti questi anni ritrovo per caso la sua foto e sorrido con tristezza. Non ricordo più il suo cognome, non saprei nemmeno come trovarla su facebook.

martedì 12 agosto 2014

Alcune settimane fa un collega di lavoro tentò il colpo della sua vita. Con un giro di parole riuscì a coinvolgermi in una discussione riguardante un suo problema (era in arretrato sul suo lavoro) e a convincersi che io gli avrei dato una mano (cioè risolto il problema al posto suo). Io non ricordo cosa ho detto. Può darsi persino che io abbia detto “non preoccuparti, ci penso io”. Ma se l'ho detto davvero, è perché in quel momento non avevo capito che stava scaricando su di me la fastidiosa responsabilità. Così, quando alle quattro del pomeriggio mi scrive su skype per chiedermi “a che punto siamo”, io casco dalle nuvole. A che punto siamo di cosa? Lui accenna a quel problema. Resto per qualche secondo fermo a riflettere su quale risposta dargli. “E io che c'entro?” no, troppo offensiva. “Ma cosa avevi capito?” no, ancora più offensiva. Allora cerco di prendere tempo: “non so che dirti, tu cosa hai fatto finora?”. Niente, niente di niente. Aspettava proprio che lo facessi io. Se non avesse aggiunto altro, forse mi sarei lasciato commuovere. Ma nell'urgenza di rifilarmi la rogna si lascia sfuggire: “mi avevi detto che ci avresti pensato tu”. E allora divento un blocco di cemento ghiacciato. Gli rispondo che non ricordo di aver mai detto una cosa del genere. Lui insiste, e io aggiungo che “può darsi” che lui abbia capito male, e lui insiste ancora e io ribatto che non sono in grado di fare una cosa del genere tanto meno nel tempo rimasto, e che proprio per questi motivi non sarei stato capace di promettergli alcunché. Il collega è furbo e perciò incassa la temporanea sconfitta senza aggiungere altro. Sa che in questi casi l'insistenza è deleteria. Mi chiedo se abbia capito di essersi giocato una carta preziosa.

lunedì 11 agosto 2014

Ora lei non mi risponde da più di un mese. Non mi ha cancellato da skype. Vuole tenere il broncio e aspettare che io faccia un passo avanti. Non sopporto l'idea di doversi trattare da estranei in attesa che uno dei due si decida a recitare la parte del chiedere perdono (poiché la mia non sarebbe una recita: io sono pressoché sempre capace di essere sincero). Così sto resistendo alla tentazione di chiamarla. Voglio proprio vedere quanto dura. So che durerà ancora un bel po' perché siamo in estate. Starà andando al mare. Con la sua comitiva di bellimbusti e di viscide amiche. Tutti preoccupati di appaiarsi o di trovare qualcosa da sfruttare (anche solo guardando, anche soltanto fantasticando). Magari è stato proprio qualcuno della comitiva a sparlare di me e a metterle qualche strana idea in testa e a convincerla che sono io quello che deve farsi perdonare. E che il prezzo del perdono deve essere fastidiosamente alto e umiliante. Oppure semplicemente io non sono mai stato nessuno per lei, al più un animale da compagnia nei momenti in cui nessuno della comitiva è presente sul suo facebook. La gente, infatti, ha le sue cose da fare. La gente ha una vita piena di impegni. Lei no. Lei vive in attesa di un evento. Vive in attesa di qualcosa che non arriva mai. Non sa neppure lei cosa. Non lo desidera nemmeno. Vive come quando sta davanti alla tv in attesa che trasmettano qualcosa di interessante, subendo programmi e pubblicità che continuano ad annoiarla. Per lei vedermi umiliato significherà potersi vantare con qualcuno di avermi dato una bella lezione. Di aver scoperto un mio errore nei suoi confronti in modo che lei - novella principessa - potesse riflettere e decidere quale scotto farmi pagare prima di guadagnare il suo perdono. Quando saranno passati diversi mesi, forse dimenticherà tutte queste scemenze, e tornerà a contattarmi.

lunedì 4 agosto 2014

Come quel tizio che diceva: ho bisogno di fare sesso altrimenti impazzisco. In realtà è già impazzito, è già schiavo, è già drogato. Quando hai bisogno assoluto di qualcosa “altrimenti impazzisci”, significa che sei già impazzito. Un conto è desiderare qualcosa (anche il desiderare sesso), ben altra storia è dichiararsi “impazziti” se non si viene subito assecondati: è esattamente il problema dei drogati. E purtroppo vale anche nel campo dei sentimenti.

domenica 3 agosto 2014

La totale dipendenza da industrie esterne. Qui in Italia si producono solo maleducazione, ignoranza e disoccupazione. In casa ci sono sempre meno oggetti prodotti in Italia. Tutta la ricchezza accumulata in anni e anni di sacrifici dei nostri nonni è stata scialacquata per far vivere noi e i nostri figli. Tra poco non ci sarà più nulla da scialacquare.

sabato 2 agosto 2014

Da molto tempo questa società ha ridotto le sue fondamenta ad un solo pilastro: quello dell'ingordigia. Per corrompere qualcuno è sufficiente far leva sull'ingordigia, generalmente sessuale, ma può andar bene anche altro: basta informarsi con pazienza. Una donna che mi accusava velatamente di qualcosa, stava semplicemente fissando il prezzo del perdono che voleva vendermi. Così quando ho solo accennato all'idea di ripararle il filo tra le due stanze, mi ha caldamente invitato ad andare da lei... munito di filo nuovo e attrezzi.

mercoledì 2 luglio 2014

Le donne hanno un potere misterioso: la debolezza degli uomini. C'era un conoscente che ha perso la testa per una vecchia immigrata. Lui sotto i quarant'anni, lei sotto i sessanta ma “molto giovanile”. La vecchia strega aveva capito che lui voleva solo avere qualcuna da portare a letto gratis e si prestava bene dilazionandogli il pagamento. La ricarica telefonica, la bolletta pagata, il conto del meccanico, le richieste crescevano. Lui mi diceva che forse c'era amore e io gli facevo notare che forse c'erano solo altri pagamenti più grossi e impellenti. Quando finalmente lei tutta piagnucolosa gli ha detto che non aveva i soldi per pagare l'affitto di casa, lui finalmente ha cominciato a insospettirsi. Lei allora è passata alla fase due: quella dei ricatti. Dai ricatti morali (“vuoi dunque farmi finire a battere i marciapiedi?”) ai ricatti veri e propri (roba da chiamare subito la polizia). Sono mesi che lui non mi dà più sue notizie. Se mi telefona, gli ricordo che lui mi aveva detto: non è questione di soldi, forse c'è amore. Da parte di una vecchia babbiona sanguisuga, esatto.

mercoledì 18 giugno 2014

Sono sensibile. Scopro di esserlo perché le delusioni da persone in cui avevo fiducia mi fanno star male. Sono ancor oggi schiavo dell'idea che si possa dar fiducia almeno a chi la merita. E poi al momento del bisogno - del “mio” bisogno - si tirano indietro con la stessa foga che se avessero visto un topo morto al centro del salotto.

Le delusioni della vita ti forgiano, certo, ma com'è facile dimenticare che il miglior modo di prendere una delusione è quello di far intuire agli interlocutori il proprio sincero interesse. Tanta “forgia” poteva essere risparmiata. Tante inutili delusioni, alle quali abbiamo collaborato noi stessi.

martedì 17 giugno 2014

Mi ha chiesto con aria seria: dimmi la verità, come stanno le cose? Fino ad oggi non gliene importava niente e ora all'improvviso recita questo gesto coraggioso del chiedere come stanno le cose. Vuole solo una notizia conclusiva. Come di chi vede un film giallo e dice: mi ha stufato, datemi direttamente il finale, chi è il colpevole?

lunedì 16 giugno 2014

La fanno facile. “Trovi una donna, ti sposi”. Stavolta gli ho risposto: “vinci alla lotteria, ti compri una casa”. Ma l'ironia non è stata capita. Chi parlava non aveva intenzione di capire. Inutile tentare di ragionare con chi ha solo frasi preconfezionate. Come se fosse facile trovare una donna da sposare. Perfino con le sanguisughe disperate è un problema, perché quando si rendono conto che sei ricattabile cominciano ad alzare il prezzo. Proprio come fanno gli strozzini.

sabato 14 giugno 2014

Invidio quelli che portano a spasso la donna... in un SUV o in un Mercedes. Li invidio perché possono dare ad una donna una soddisfazione molto ricercata: quella del benessere. Se non fossi single, li invidierei lo stesso. Mi sforzo di pensare che io avrò qualcosa da poter dare a una donna, qualcosa che loro non hanno. Ma il benessere delle altre coppiette in Mercedes lo noteremmo sia io che la mia futura eventuale donna.

sabato 7 giugno 2014

Era una patetica prostituta. Avanti negli anni, stufa della vita, in attesa di trovare qualcuno che la usasse e le pagasse la spesa. Colsi quell'attimo in cui era ridiventata umana e le dissi che aveva un'aria stanca. Non aggiunsi altro. Per una frazione di secondo restai in silenzio e poi sparii del tutto, senza neppure voltarmi, senza aspettare una risposta.

venerdì 6 giugno 2014

Una giovane prostituta che si vanta di essere di buona famiglia. Abituata ad un flusso di soldi enorme (in entrata e uscita), non può fare a meno di prostituirsi perché i soldi che ha da parte le finirebbero in 48 ore. Come tutte le prostitute, ogni tanto ha un momento di umanità sincera. Dimentica di essere una macchina dedicata a certe cose. Viene fuori per un attimo l'anima. Un soffio momentaneo di innocenza. Dura un attimo. In quell'attimo le si potrebbe parlare al cuore. Tutto o niente. Un attimo dopo la sua anima è già di nuovo nell'inferno. Molti maschietti ci cascano, e pensano che quell'attimo duri, e reagiscono malissimo. Una volta ci sono cascato anch'io. Pensavo che l'attimo durasse due attimi e non avevo nemmeno iniziato a parlare che già mi rendevo conto di stare a far la predica al muro, anzi, ad un animale beffardo e cinico. Avvenne molti, molti anni fa. Fu così bruciante che lo ricordo ancor oggi: un'esperienza che mi ha vaccinato. Per questo, quando la giovane benestante torna umana per una frazione di secondo, non mi lascio abbindolare. Non mi interessa una donna che è sporca nel corpo oltre che nell'anima. Non sono un salvatore di prostitute. Non ho nessuna remora. Non ho nessun motivo per entrare in contatto con loro. L'ho attirata, non so perché. Si è accorta di me per un attimo: ma sapevo già che l'attimo dopo ero di nuovo il potenziale cliente da attirare, e non sono caduto nella trappola.

lunedì 26 maggio 2014

Ma perché le mie colleghe sono tutte bamboline?

lunedì 12 maggio 2014

Avrei voluto giurare fedeltà al re, ma il re era indegno perfino di una pedata al culo.

Se io avessi fatto una cosa del genere (un annuncio su Topolino per scambiare cartoline) e qualcuno me la ricordasse, sarebbe bellissimo sentirselo ricordare, addirittura riavere una foto di quell'annuncio. Forse sto diventando vecchio: comincio ad amare i miei ricordi di infanzia, comincio a considerare preziose le cose che scopro di quando ero piccolo, quelle dovute alla mia volontà, alla mia fantasia, ai miei sogni e ai miei desideri.

In soffitta c'era un vecchio e polveroso numero di Topolino (1450 del 13 settembre 1983). Nella rubrica Cerco e Scambio c'era un elenco di nomi di adolescenti che proponevano di scambiare cartoline e lettere da loro coetanei: un'ingenuità che oggi fa sorridere, far pubblicare il proprio indirizzo di casa su una rivista per bambini. Così per curiosità ho cercato uno di quei nomi su facebook e ho trovato il suo volto. Sono certo che è lei perché l'indirizzo su Topolino è della stessa zona di quello pubblicamente visibile su facebook e coincide anche l'età.

Il tempo passa inesorabile. Scommetto che lei non ricorda più quell'ingenuità giovanile. Non ricordiamo quasi mai nulla di quando eravamo piccini e ci lanciavamo alla scoperta del mondo con queste piccole cose. Stufi del solito banale circolo di cuginetti e amici di scuola volevamo cercare amici da tutto il mondo, o almeno fuori da quel circolo. Volevamo qualcosa di diverso. Anch'io ho desiderato mandare un annuncio del genere ma non l'ho mai fatto. Non avevo il coraggio. Mi chiedevo: “e se poi...?” Evidentemente nel 1983 non c'erano problemi di privacy, non esitevano gli stalker, non c'era internet. Si lanciava il sasso nello stagno, sapendo che un mese dopo era già dimenticato dal mondo. Le eventuali cartoline giunte dopo il primo mese sarebbero state considerate un miracolo. Anzi, già la prima cartolina lo sarebbe stata. Immagino il momento in cui una mano emozionata verga il proprio indirizzo in una lettera, attacca con pignoleria il francobollo, e col cuore che batte all'impazzata deposita il suo desiderio in una buca per le lettere. Che emozione quando qualche settimana dopo, grazie al paziente lavoro di qualche redattore annoiato, l'annuncio compare su Topolino! Rileggerlo dieci, venti volte, immaginando chi a sua volta prenderà cartoline e francobolli. E chissà poi. Non ho mai fatto una cosa del genere, però nel vedere il volto di quella donna e nel sentir riaffiorare i ricordi di quel desiderio di mandare anch'io un annuncio, provo oggi tutte le emozioni di come se lo avessi fatto davvero.

lunedì 5 maggio 2014

Odio a morte quando una donna parla di sesso con una dimestichezza da maiale scafato. Sì, me ne è appena capitata un'altra. Pensano di essere “moderne”, pensano di essere diverse dal “moralismo bigotto”, pensano di essere “aperte”... Pensano che essere troie a parole non sia l'anticamera dell'esserlo (almeno nel subconscio) anche nei fatti.

venerdì 2 maggio 2014

Ho appena scoperto da facebook che la collega cattolica di cui parlavo qualche anno fa su questo stesso blog si è sposata. La definivo cattolica perché andava a messa ogni domenica, caso più unico che raro nell'ambiente dove lavoravo all'epoca. Brillante e vispa ma fredda calcolatrice, si è sistemata fra i 35 e i 40 anni (cioè prima che il ticchettio dell'orologio biologico cominci ad essere troppo insistente) e ovviamente subito ci ha fatto un figlio.

giovedì 24 aprile 2014

La tv normale trasmette solo spazzatura. Un buon film puoi solo scaricarlo da internet. Proprio in quest'epoca di tv spazzatura, abbiamo i decoder digitale terrestre che fanno tutto, alcuni addiritura registrano su memory card. Molta responsabilità della tv spazzatura è dei doppiatori, con la loro recitazione da primo anno della scuola primaria.

venerdì 4 aprile 2014

C'era un tempo in cui da ragazzino pensavo che i sentimenti sinceri venissero ricambiati senza fatica. Io li avrei ricambiati senza fatica, anzi, con gioia, per cui mi sarebbe stato sufficiente capire, almeno intuire, che i sentimenti di una per me fossero sinceri, e avrei dimenticato subito il resto del mondo. Scoprii con ripetuto e crescente dolore, dopo più esperienze, che non era affatto così. L'adolescenza è credere che sia la sincerità (invece che la cattiveria) a ispirare ricambio.

giovedì 13 marzo 2014

Insomma. C'è una che sembra ronzarmi intorno per farmi notare quanto ci tiene a me, ha fatto di tutto per estrarmi un “sei speciale” e poi è fuggita. Ora, assicuratasi di essere solo “amica”, ha ripreso a contattarmi. Praticamente ogni giorno. A volte anche solo per un saluto. Ma guai a entrare anche lontanamente nel discorso sentimenti. Vuole rimanere single a tutti i costi. Non vuole coinvolgimenti. Poi ci sono le vecchie fiamme che ricompaiono dopo tanti anni (non avrei mai sperato di avere uno strumento come facebook per sapere come si sono evolute le vite di tante persone che ho perso di vista dai tempi della scuola ad oggi, anche se oggi facebook non è più il paradiso degli stalker come qualche anno fa), come quella che vive in svizzera e sembra stare su facebook solo per farsi cliccare “mi piace” sulle stupide vignette che condivide ogni tanto da quei noiosissimi gruppuscoli di idioti. Poi c'è una a cui sto simpatico solo perché sono ancora single e non ho alte pretese. Ora è in cura in ospedale per un intervento a metà strada fra l'estetica e la salute. Mi ha mandato una sua foto su whatsapp, assolutamente inguardabile, come tutte le sue foto. Poi quella esaurita, che ha avuto la tragica idea di attivare l'offerta dei “tantissimi minuti gratis” e tanto per inaugurarli ha chiamato tutti i single che conosceva, parlando per mezz'ora con ognuno, me compreso. Non sapevo come concludere la telefonata, anche perché non sapevo come interromperla senza urtarne la suscettibilità. Poi ci sono le altre, apparentemente in secondo piano perché non ho avuto contatti da alcuni giorni. Tutto questo ha come sfondo la precarietà della vita, della casa, della salute, dei familiari da cui ho voluto staccarmi da tempo, delle ridicole amicizie che servono solo come reciproco farsi compagnia per mangiare una volta ogni tanto fuori casa e lontano dagli altri. C'è chi come me abbraccia dolorosamente la solitudine, e chi come loro che ha bisogno di sopperirvi. E di questa seconda categoria ci sono le donne che in prossimità della menopausa, o attorno ai quarant'anni, si rendono conto che se non trovano compagnia adesso non ne troveranno mai più. Ma l'unione di due solitudini non è una compagnia: è solo un tentativo destinato a durare poco, è solo l'imporre i propri sogni sulle cose di tutti i giorni. Sono stufo di tutto questo. Specialmente con questo fastidiosissimo tempo freddo e umido.

mercoledì 5 marzo 2014

Sono accadute tante cose in queste settimane e non ho scritto ancora nulla...

domenica 23 febbraio 2014

Non riesco a dormire. Lei probabilmente è nelle mie stesse condizioni, ma con un muso lungo fino a terra. Ho toccato l'unico tasto che lei non gradiva: eppure qualche volta mi aveva avvisato, che avrebbe allontanato qualsiasi pretendente. Ma pensavo che lo facesse per tirare di più la corda, per verificare se io ci tenessi a lei.

sabato 22 febbraio 2014

Insomma, le ho detto solo due parole. “Sei speciale”. Tutto qui. Un aggettivo, “speciale”, che purtroppo è tradizionalmente il preludio ad una dichiarazione. Lei mi ha bloccato. Furiosa - contenuta ma furiosa - ha chiuso la chiamata dicendo che non dobbiamo più sentirci, o qualcosa del genere. Come un pivellino alle prime armi ho osato chiedere: “io?” Ma non so se mi ha sentito, forse la chiamata era già chiusa. Così le ho mandato un messaggino: “buonanotte”. Non sapevo cosa scrivere. In vita mia sono stato rifiutato innumerevoli volte: dopo le prime volte non provi più dolore, ci fai il callo. Ma ti resta sempre il dubbio di aver gravemente ferito i sentimenti di una donna. E così, dopo anni e anni, mi trovo ad averne ferita un'altra. Le donne sono strane. Sono suscettibilissime. L'aggettivo “speciale” è arrivato nel momento in cui lei non voleva sentirselo dire. Eppure per tutta la lunga chiamata era stata lei a tirarmelo da bocca in ogni modo. Tutto era cominciato come al solito, lei che si lamenta dei suoi difetti ed io che le facevo notare che non lo erano, o che almeno erano una cosa insignificante (significativa solo per gli ipocriti che passano l'intera vita a recitare la parte delle candide colombine). Fino a che lei mi chiede perché io non trovassi “difetti” in lei. Dopo aver ripetutamente nicchiato non ce l'ho fatta più e le ho detto: “sei speciale”. L'ho fatto per debolezza, quasi per distrazione, perché so cosa prova una donna che desidera sentirselo dire, e so ancora di più cosa prova una donna che non vuol proprio sentirselo dire. Pensavo che lei fosse della prima categoria, solo un po' più timida. Invece era della seconda, solo un po' più complicata: ha fatto di tutto per estrarmi quell'aggettivo dalla bocca, e non appena l'ho pronunciato dev'essere successo qualcosa. Sono ore che non riesco a dormire ripendando a quello che è avvenuto, rivedendo continuamente tutte le possibili ipotesi. Pensando magari che fosse un modo curioso per dirmi che le faceva piacere sentirselo dire. Temendo che lei avesse tratto drastiche conseguenze (avrà pensato a cosa inventarsi per liberarsi di me). Temendo addirittura che lei fosse già innamorata segretamente di qualcuno e non me lo avesse mai detto: ecco dunque un nuovo pretendente che tenta di minare il suo amore impossibile (se non fosse impossibile, non sarebbe successo tutto questo). Oppure, chissà, sarà semplicemente una di quelle che vivono come monache per tutta la vita senza nemmeno accorgersene, aspettando l'uomo giusto (ma nessun uomo è mai abbastanza “giusto”, se non per le galline sentimentali che restano adolescenti anche a 90 anni). Chissà.

mercoledì 12 febbraio 2014

Siamo nel 2014 e la pacchia è finita da anni. Pochi anni fa Facebook era il paradiso degli stalker. Ogni tanto cambiava le politiche di privacy e all'improvviso venivano fuori tanti segreti di tanta gente che non aveva immediatamente preso contromisure. Ancor oggi c'è gente che non sa di avere un profilo pubblico. Tra queste persone c'è la neo-svizzera che citavo ieri sera. Vive in un paesetto di quattromila abitanti. Lavora in una città vicina, che non sembra facilmente raggiungibile coi mezzi pubblici. Un deficiente di nove anni più giovane di lei clicca su “mi piace” su qualsiasi cosa lei pubblichi su Facebook. Non che pubblichi molto: nove volte su dieci sono le solite stupidissime vignette, e il resto delle volte si lamenta di cose insignificanti, come il maltempo. A volte vorrei avere un teletrasportatore per andare lì nel suo paesetto e incontrarla. Impresa molto ardua: cosa ci fa uno sconosciuto lì a chiedere di una donna che abita lì da anni proprio per sfuggire alla famiglia e agli amici? Allora ci vorrebbe una conoscenza importante presso l'azienda dove lavora. Così, quando lei va alla macchinetta degli snack, aspettarla lì facendo finta di niente. Mentre beve distrattamente il caffè, rivolgerle lo sguardo, uno sguardo da mendicante che sa già in anticipo di non essere meritevole di nulla, e aspettare la sua reazione. Uno sguardo di fastidio, mentre si allontana rapidamente. Oppure uno sguardo nervoso e impaurito, e si allontana rapidamente. Oppure uno sguardo distratto, come se non avesse visto nulla, e si allontana placidamente. Oppure uno sguardo sorpreso - il più improbabile - e magari un accenno di sorriso. Quando Facebook era il paradiso degli stalker, si potevano fare tante cose, si potevano inventare incontri imprevisti. Oggi non è più così. Oggi ho il nome di una città oltreconfine, e nient'altro. Google non mi è di aiuto.

martedì 11 febbraio 2014

Anche lei era sveglia, simpatica, bella, intelligente, dolce, era tutto... ed anche lei era anche figlia unica di una coppia di squilibrati che pretendevano da lei i soldi dello stipendio perché dovevano ripagare lo strozzino. Ebbero un insperato doppio colpo di fortuna: lo strozzino, a causa di un incendio, non fu più in grado di esigere soldi. Inoltre il padre di lei gli aveva firmato un assegno a matita e lo strozzino aveva tentato di modificarlo con la gomma prima di incassarlo ma gli andò malissimo e perse anche quell'ultima briciola. Quel doppio colpo di fortuna durò poco: alcuni mesi dopo i due anziani erano di nuovo nelle grinfie di un altro strozzino, stavolta di quelli “legalizzati”. Ma la fortuna aveva volto loro le spalle: la figlia aveva avuto un'occasione irripetibile per andare a lavorare in Svizzera. Sottinteso: mi dispiace, ma il mio stipendio mi serve per vivere, non posso più darvi la paghetta per tamponare i vostri guai: datevi una regolata e smettetela di accumulare nuovi debiti per pagare vecchi debiti. Consiglio accettato solo parzialmente: ma lei è riuscita a costruirsi una vita senza più vergogne e senza più preoccupazioni di come pagare di qua e di là. Non è riuscita a formarsi una famiglia, non so perché. Ma ora grazie a facebook so che c'è un cretinetto di nove anni più giovane di lei che clicca su “mi piace” ad ogni cosa che lei pubblica. Non so perché ma mi sento geloso.

giovedì 2 gennaio 2014

Anno nuovo, vita nuova. La crisi incombe. L'affitto di questo buco (un monolocale più piccolo di una casa di Barbie) è aumentato, ed era già la più grossa spesa del mese. Il monolocale sembra ancora più piccolo perché ci tengo non soltanto tutte le mie cose che non avrò mai il coraggio di liberarmi.