lunedì 25 agosto 2014

All'improvviso, il dramma: la donna che amavi scompare, attratta talmente tanto da un buzzurro che ti ha già dimenticato. E tu che per sere intere continui a pensare a lei. Si chiamava Enza. Dopo tutti questi anni ritrovo per caso la sua foto e sorrido con tristezza. Non ricordo più il suo cognome, non saprei nemmeno come trovarla su facebook.

martedì 12 agosto 2014

Alcune settimane fa un collega di lavoro tentò il colpo della sua vita. Con un giro di parole riuscì a coinvolgermi in una discussione riguardante un suo problema (era in arretrato sul suo lavoro) e a convincersi che io gli avrei dato una mano (cioè risolto il problema al posto suo). Io non ricordo cosa ho detto. Può darsi persino che io abbia detto “non preoccuparti, ci penso io”. Ma se l'ho detto davvero, è perché in quel momento non avevo capito che stava scaricando su di me la fastidiosa responsabilità. Così, quando alle quattro del pomeriggio mi scrive su skype per chiedermi “a che punto siamo”, io casco dalle nuvole. A che punto siamo di cosa? Lui accenna a quel problema. Resto per qualche secondo fermo a riflettere su quale risposta dargli. “E io che c'entro?” no, troppo offensiva. “Ma cosa avevi capito?” no, ancora più offensiva. Allora cerco di prendere tempo: “non so che dirti, tu cosa hai fatto finora?”. Niente, niente di niente. Aspettava proprio che lo facessi io. Se non avesse aggiunto altro, forse mi sarei lasciato commuovere. Ma nell'urgenza di rifilarmi la rogna si lascia sfuggire: “mi avevi detto che ci avresti pensato tu”. E allora divento un blocco di cemento ghiacciato. Gli rispondo che non ricordo di aver mai detto una cosa del genere. Lui insiste, e io aggiungo che “può darsi” che lui abbia capito male, e lui insiste ancora e io ribatto che non sono in grado di fare una cosa del genere tanto meno nel tempo rimasto, e che proprio per questi motivi non sarei stato capace di promettergli alcunché. Il collega è furbo e perciò incassa la temporanea sconfitta senza aggiungere altro. Sa che in questi casi l'insistenza è deleteria. Mi chiedo se abbia capito di essersi giocato una carta preziosa.

lunedì 11 agosto 2014

Ora lei non mi risponde da più di un mese. Non mi ha cancellato da skype. Vuole tenere il broncio e aspettare che io faccia un passo avanti. Non sopporto l'idea di doversi trattare da estranei in attesa che uno dei due si decida a recitare la parte del chiedere perdono (poiché la mia non sarebbe una recita: io sono pressoché sempre capace di essere sincero). Così sto resistendo alla tentazione di chiamarla. Voglio proprio vedere quanto dura. So che durerà ancora un bel po' perché siamo in estate. Starà andando al mare. Con la sua comitiva di bellimbusti e di viscide amiche. Tutti preoccupati di appaiarsi o di trovare qualcosa da sfruttare (anche solo guardando, anche soltanto fantasticando). Magari è stato proprio qualcuno della comitiva a sparlare di me e a metterle qualche strana idea in testa e a convincerla che sono io quello che deve farsi perdonare. E che il prezzo del perdono deve essere fastidiosamente alto e umiliante. Oppure semplicemente io non sono mai stato nessuno per lei, al più un animale da compagnia nei momenti in cui nessuno della comitiva è presente sul suo facebook. La gente, infatti, ha le sue cose da fare. La gente ha una vita piena di impegni. Lei no. Lei vive in attesa di un evento. Vive in attesa di qualcosa che non arriva mai. Non sa neppure lei cosa. Non lo desidera nemmeno. Vive come quando sta davanti alla tv in attesa che trasmettano qualcosa di interessante, subendo programmi e pubblicità che continuano ad annoiarla. Per lei vedermi umiliato significherà potersi vantare con qualcuno di avermi dato una bella lezione. Di aver scoperto un mio errore nei suoi confronti in modo che lei - novella principessa - potesse riflettere e decidere quale scotto farmi pagare prima di guadagnare il suo perdono. Quando saranno passati diversi mesi, forse dimenticherà tutte queste scemenze, e tornerà a contattarmi.

lunedì 4 agosto 2014

Come quel tizio che diceva: ho bisogno di fare sesso altrimenti impazzisco. In realtà è già impazzito, è già schiavo, è già drogato. Quando hai bisogno assoluto di qualcosa “altrimenti impazzisci”, significa che sei già impazzito. Un conto è desiderare qualcosa (anche il desiderare sesso), ben altra storia è dichiararsi “impazziti” se non si viene subito assecondati: è esattamente il problema dei drogati. E purtroppo vale anche nel campo dei sentimenti.

domenica 3 agosto 2014

La totale dipendenza da industrie esterne. Qui in Italia si producono solo maleducazione, ignoranza e disoccupazione. In casa ci sono sempre meno oggetti prodotti in Italia. Tutta la ricchezza accumulata in anni e anni di sacrifici dei nostri nonni è stata scialacquata per far vivere noi e i nostri figli. Tra poco non ci sarà più nulla da scialacquare.

sabato 2 agosto 2014

Da molto tempo questa società ha ridotto le sue fondamenta ad un solo pilastro: quello dell'ingordigia. Per corrompere qualcuno è sufficiente far leva sull'ingordigia, generalmente sessuale, ma può andar bene anche altro: basta informarsi con pazienza. Una donna che mi accusava velatamente di qualcosa, stava semplicemente fissando il prezzo del perdono che voleva vendermi. Così quando ho solo accennato all'idea di ripararle il filo tra le due stanze, mi ha caldamente invitato ad andare da lei... munito di filo nuovo e attrezzi.