martedì 17 gennaio 2012

Tra duemila anni, gli storici che vorranno dare un nome a quest'epoca la chiameranno con ogni probabilità “il secolo dei falsi sorrisi”. La dottoressa, al colloquio, mi sorrise e mi pose come prima domanda una cosa che non c'era scritta da nessuna parte, con l'evidente scopo di mandarmi via. La padrona di casa, sorridendo, mi dice che tra pochi mesi dovrò sloggiare. Nel primo caso, le mie fatiche, le mie capacità, i miei sforzi, valevano zero ancor prima che entrassi lì, perché aveva già deciso di eliminarmi. Nel secondo caso, l'esser sempre stato preciso nei pagamenti (a costo di rinviare spese più urgenti, incluso il cibo), valeva zero ancor prima che io potessi rispondere, perché lei aveva già deciso di sfrattarmi. Quando il boia ti portava alla ghigliottina non sorrideva. Non assumeva quell'espressione di chi decide del tuo destino a prescindere da te, dalla tua onestà nei suoi confronti, dalla tua correttezza, dalla tua preparazione, dalle tue fatiche. Sei solo una inutile, sacrificabilissima pedina del loro grande gioco.

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