venerdì 6 agosto 2010

Guardò un film per far passare la solitudine della sera. Era uno di quei film così noiosi e banali che ti vien voglia di lasciare a metà, ma si ostinò a seguirlo tutto perché doveva pur far passare quella sera di solitudine. Una decina di minuti prima della fine, ecco l'imprevisto: due protagonisti che scambiano parole durissime sull'amare e sul non amare. Spense immediatamente il televisore perché stava piangendo. Il protagonista cattivo aveva usato le stesse parole che aveva usato lui trent'anni prima. Dopo trent'anni si rendeva conto di quanto dolore aveva dato senza rendersene conto a quella che era stata l'unica donna che lo aveva davvero amato in tutta la sua vita. A ventidue anni si è ancora adolescenti e stupidi. Si è incapaci di esprimere ciò che si ha dentro e si ferisce mortalmente il cuore di una donna senza accorgersi di nulla. Ci si ritrova soli pensando di aver ragione, pensando di essere stati abbandonati da una donna incapace di amare. Ma quando ormai tutto era da tempo relegato nel cassetto dei vecchi ricordi, un evento banale come quel film riaccende un fuoco dentro: il fuoco della vergogna e del rimorso, il fuoco del dolore provocato ad una donna con la quale la vita sarebbe stata completamente diversa, il fuoco della depressione per una vita scialba e insipida, il fuoco del ricordo recente di quel divorzio inutile dopo un matrimonio inutile. Mentre ancora le lacrime gli rigavano il volto, la cercò nei soliti posti: Facebook, Google. Nessun risultato. Nessun risultato.

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