mercoledì 5 gennaio 2011

Leggo sul muro della stazione che un “ragazzo bellissimo” cerca “ragazze bellissime”. Quella scritta è l'espressione di una solitudine idiota. Vuole entrare nel club di quelli che dicono “no, oggi non posso, sapete, la mia fidanzata mi chiedeva di”. Quel “bellissime” non è un requisito fondamentale, ma è solo un modo di elogiare le ragazze che lo contatteranno (qualora ne esista almeno una). In questa strana epoca di strano libertinismo, di ossessiva socializzazione, di internet e telefonini, la solitudine regna incontrastata. Viene nostalgia delle epoche in cui il pudore regnava sovrano, le epoche in cui (così dicono) la bigotteria imperava, perché la solitudine non esisteva, l'anima gemella la si trovava sempre. Erano epoche in cui a vent'anni si era già sposati e con figli, anche se non si era bellissimi. Si era sposati con una donna magari non bellissima ma certamente fedele. E se pure non riuscivi a trovare una donna, te l'avrebbero trovata amici e parenti. E siccome il matrimonio era considerato sacro e indissolubile, l'amore sarebbe sbocciato anche con una sconosciuta, perché lui e lei erano protetti dalla società e dai familiari, e sapevano tutti cosa significava quel “finché morte non vi separi”. Si diventava nonni a quarant'anni, con ancora tutta la vita davanti e senza rimpianti sulla propria gioventù. Oggi invece tutti possono “scegliere”. Oggi tutti possono scopare prima del matrimonio. Oggi tutti possono tutto, ma sono invasi dalla solitudine. Forse era meglio nell'epoca dei bigotti e del pudore: lì, almeno, volente o nolente, a vent'anni avevi moglie e figli, mentre oggi a trenta sei ancora single e a quaranta sei un triste divorziato.

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