venerdì 7 gennaio 2011

Poche cose sono noiose come una festa di compleanno. Come sempre, uno degli invitati è al centro dell'attenzione con le sue battute, i suoi racconti, le sue barzellette. Si consumano delizie preconfezionate: Coca Cola al sapore di bottiglia di plastica, pizza al sapore di preconfezionato, birra al sapore di lungo-periodo-in-frigo, dolci al sapore di supermercato. Nella banalità generale buona parte dei maschi cerca di osservare la scollatura di qualche femmina (con questo freddo trovano modo di esporre pezzi del proprio corpo), come se non avessero mai visto una donna in vita loro. Qualcuno più scoppiato tenta miseramente di farsi bello agli occhi di qualcuna più timida, nella disperata (e molto remota) speranza di fidanzarsi entro fine serata. Le coppie già fidanzate si scambiano effusioni che sanno di plastica più dei bicchieri, solo per mostrare a tutti di essere una coppia (dunque solo per vanità e per noia). Finalmente viene il momento finale della torta, dello spegnimento delle candeline e della fastidiosissima canzonetta di auguri. Dopo l'ennesima recita (quella dei convenevoli finali), finalmente si può tornare a casa. Tornavo con la pancia terribilmente gonfia. Ho ottemperato ad un obbligo sociale, un inutile obbligo sociale. Ho partecipato alla fastidiosa colletta per il fastidioso regalo (costoso e inutile). Che terribile noia, che orrenda messinscena, che squallida recita di frasi fatte. Tornando a casa col ventre che scoppiava (forse ho mangiato tanto solo per non essere costretto a dir qualcosa) ripensavo a quante altre feste di compleanno avrei dovuto ancora subire in futuro prima di potermi emancipare da quel nauseante obbligo sociale. Non ci sono ancora riuscito, ma per fortuna la quantità di feste obbligatorie è diminuita molto.

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