giovedì 3 marzo 2011

L'omino con la borsa sgualcita si rivolse al conferenziere: “grazie, grazie di tutto!” Il conferenziere continuava a guardare le sue carte. Qualcuno si avvicinò al tavolo, ma l'omino riprese: “grazie, grazie per tutto quello che ha fatto!” Il conferenziere raccolse le sue carte, senza distogliere gli occhi dal tavolo, ma non si alzò. Altre persone, intorno a loro, si scambiavano saluti e complimenti. Il conferenziere si voltò verso destra, con la stessa espressione di pietra che aveva avuto negli ultimi trenta secondi. L'omino con la borsa sgualcita si avvicinò al tavolo fin quasi a schiacciarvisi: aprì bocca ma non ne venne fuori alcun suono, non voleva essere ignorato per la terza volta, il conferenziere era la sua unica ancora di salvezza, non poteva bruciare così la più preziosa delle occasioni. L'altro ometto che si era avvicinato al tavolo aprì bocca: “sono un giornalista del Giornale delle Notizie, vorrei chiederle...” Il conferenziere, con un piccolo scatto del mento, lo guardò, perdendo l'espressione pietrificata di un attimo prima. Ma subito fece un cenno con la mano per rinviare a più tardi, si alzò e con una strana ma programmata timidezza chiese qualcosa al primo che si ritrovò accanto. Sottovoce, mentre con un occhio guardava la sala che si svuotava, cercando di non inquadrare l'omino con la borsa sgualcita. Si avviò verso l'uscita, scegliendo il percorso più affollato: fu evidente che non voleva aver niente a che fare con l'omino. Quando ci fu abbastanza folla a separarlo dall'omino con la borsa sgualcita, disse al suo collaboratore: “andiamo, andiamo”, con un tono seccato e con una smorfia di fastidio, e si diresse verso la zona riservata. L'omino, vedendolo allontanarsi, pensò per un attimo al viaggio lungo e faticoso che aveva fatto per incontrare il conferenziere, per parlargli di persona anche solo per pochi istanti, senza intermediari, senza segretari, senza che nessuno confondesse le parole e lo spirito della sua misera richiesta. Poi si diresse verso i cancelli, guardandosi attorno alla ricerca di un angolo dove piangere senza essere visto, reggendo alla tentazione di gettare il più lontano possibile la borsa sgualcita. Poté finalmente liberarsi delle lacrime solo nella fetida latrina del treno che lo riportava a casa.

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