venerdì 21 maggio 2010

Due anni fa ero stato assegnato ad un gruppo guidato da un vero professionista. Per alcuni mesi combattemmo per risolvere problemi difficili. Chi più, chi meno, qualche errore ci scappò. Quel capo - un vero capo - manifestò più volte la sua seccatura. Ma nessuno si sentì mai umiliato. Ricordo un venerdì sera, un venerdì sera come questo, un episodio memorabile. Avevamo annunciato al cliente che tutto funzionava e che lunedì o martedì avremmo consegnato. Dopo la comunicazione ci accorgemmo di un grosso imprevisto problema. Si prospettava una nottataccia di lavoro, oppure un sabato e una domenica passati a cercare disperatamente di risolvere il problema. Disse che non dovevamo preoccuparci né quella sera, né il sabato, perché neppure un notte di sano riposo sarebbe bastata a metterci nelle condizioni di affrontare seriamente il problema. “Signori”, annunciò in modo teatrale, “cominceremo (e sottolineo cominceremo) a pensarci lunedì mattina dopo aver preso il caffè”. Paradossale, mi dissi: di fronte ad un problema grave e urgente, rinvia tutto. Evidentemente sapeva bene anche lui che chi è stanco non lavora bene.

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