martedì 21 giugno 2011

Tutto ciò che sapeva sul sesso lo aveva appreso dalla tv e da internet, perciò si può dire che aveva una cultura in tema abbastanza vasta, altro che le verifiche in classe. Ma ancora non sapeva la cosa più notevole, quella che nessuno le aveva mai detto. L'apprese quella sera in chat da un suo coetaneo, che forse era addirittura un compagno di scuola sotto falso nome, ma dopotutto anche lei usava un nome un po' falso, magari forse lui non sospettava, o forse sì, chissà. Era un venerdì sera, cioè uno di quei momenti in cui si sentiva sola, uno di quei momenti in cui si telefona alle amiche per chiacchierare del niente, solo per avere una voce amica, ma alla fine del giro di telefonate si sente ancora più solitudine di prima, e allora via in chat, sperando di trovare qualcosa di nuovo e di bello, e invece ci sono sempre gli stessi stronzetti e si dicono sempre le stesse cazzate. Stavolta, però, lo stronzetto di turno le aveva spiegato quella cosa colossale che lei non aveva mai saputo. Lo stronzetto si era eccitato nel parlarne, eccitatissimo, infischiandosene delle conseguenze, l'importante è il godimento momentaneo, poi via da qualche altra parte, senza pensieri, senza rimorsi, senza coscienza, senza ricordi, vivi alla giornata, sei giovane e hai il diritto di pretendere tutto quello che vuoi, sei il solo che ha ragione mentre il resto del mondo sbaglia... Lei era assetata di altre notizie, di particolari, di foto, di qualsiasi cosa, ma non ci fu verso di cavare altro: lui aveva già staccato, o forse gli era caduta la linea, chissà, e poi anche qui da lei la linea faceva le bizze, proprio il venerdì sera, proprio quando si sente sola, proprio ora la linea doveva fare storie? Si adagiò sul letto cercando di figurarsi mentalmente ciò che aveva appreso, pensando di aver scoperto chissà quale preziosissimo segreto, figurandosi di quando ne avrebbe parlato, oppure scritto, oppure addirittura fatto! Molti, molti, molti anni dopo, in una notte d'estate tra il venerdì e il sabato, lei si rigirava sul letto. Guardò l'orologio sul comodino, segnava le 3:40. Si sentì come se un treno le fosse passato addosso. “40”. Aveva quarant'anni. Aveva “goduto” una vita intera ma non aveva mai avuto un vero amore. Aveva fatto “godere” uomini per una vita intera e ora, a quarant'anni, si accorgeva di aver avuto tanti uomini ma di non aver mai avuto “un” uomo. Aveva fatto “godere” ma si sentiva sempre sola, specialmente il venerdì sera, specialmente dopo quelle interminabili chat dove dire sempre le stesse frasi, sempre le stesse parole, sempre gli stessi verbi, sempre gli stessi nomi, sempre il solito sesso, sempre, sempre, sempre... “Basta!” si diceva, “da domani si cambia vita, da domani prima il cuore e poi il sesso”. Quante volte si era rimproverata di non aver fatto nulla per cambiare, quante volte si era ripromessa, tra le lacrime di disperazione, di darsi forza e di voltar pagina... No, nulla, non era mai cambiato nulla. L'istinto prevaleva, il godimento (più altrui che proprio) ridiventava sempre la sua prima priorità. “40”. Tutte le sue amiche fidanzate, sposate, con figli, sì, magari anche divorziate, magari anche abbandonate dal marito, ma avevano vissuto, avevano avuto una famiglia, lavoro, figli, anche le divorziate potevano dire che una buona parte della loro vita era stata realizzata e completa. Lei no. Lei a quarant'anni ancora non aveva niente. Da quella volta in cui da ragazzina aveva scoperto quella cosa in chat, nulla era mai cambiato in meglio. Si sentiva ancora una ragazzina, odiava sè stessa e faceva di tutto per continuare a odiare sè stessa, e a seconda degli umori disprezzava o adorava il “godimento”. Tanto “godimento” e ora, alle soglie della menopausa, cioè del momento in cui la gioventù termina, non aveva all'attivo nient'altro che tante chat, tanto sesso (soprattutto parlato, fantasticato, discusso, raccontato), e tanta noia, maledetta noia, tantissima noia, tristezza e malinconia, nostalgia di un tempo che fu, nostalgia di quando il demone del sesso non aveva invaso la propria vita.

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