giovedì 30 giugno 2011

Era sempre stato un bravo bambino, ubbidiente, tranquillo, che sfogava i suoi istinti disegnando, costruendo e distruggendo casette, automobili, robot, aerei... Educato a parlare in italiano anziché in dialetto, educato a non seguire i cattivi esempi e le cattive compagnie, educato a rispettare la verità ma non le bugie, fu sbalordito quando scoprì il mondo delle chat. Un nuovo mondo di totale anarchia, dove si potevano dire parolacce e si poteva parlare di cose pruriginose, dove non era obbligatoria la grammatica italiana e dove ci si poteva fingere diversi da quello che si era (ci volle del tempo prima di rendersi conto che era impossibile stabilire a priori se si stesse parlando con un maschio o una femmina piuttosto che con qualcuno che cercasse di spacciarsi per tale). La prima grande scoperta fu quella che ci si poteva rivolgere alle donne usando le più basse allusioni e sconcezze, e loro anziché risentirne si compiacevano, addirittura si compiacevano! Non ci volle molto a che le nuove supreme lezioni apprese in chat debordassero nella vita reale, con i conseguenti scapaccioni e soprattutto le conseguenti delusioni: eppure ci doveva, doveva, doveva esistere un modo per realizzare quella libertà che in chat sembrava così concreta e a portata di mano. Dopo una quantità di piaceri assai scarsamente paragonabile all'immane quantità di delusioni, sta ancora cercando e non trova, sta ancora domandandosi quale minuscola cosa gli manca per trasformare tutto in godimento e perfezione, sta ancora cercando di capire perché ancora non si realizzano quelle che a suo tempo aveva interpretato come infallibili promesse.

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