martedì 26 luglio 2011

La chiamano “sindrome di Stoccolma”. Quando i sequestratori prendono ostaggi, al più si preoccupano che siano ancora vivi (altrimenti li avrebbero fatti fuori subito). Dunque ogni gesto che va al di là di questo (come per esempio il permettere l'uso della toilette o il concedere un po' d'acqua e cibo) è da considerare secondario. Agli ostaggi, però, per quella che è stata chiamata “sindrome di Stoccolma”, quei gesti secondari ispirano spesso complicità con i criminali rapitori: “dopotutto non sono così cattivi”. Anche nella guerra del mobbing succede la stessa cosa: dopo un lungo periodo di gravi pressioni, un banale bigliettino di buon compleanno può istupidire la vittima del mobbing e in fin dei conti prolungare inutilmente la sofferenza.

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