venerdì 29 luglio 2011

Si chiama Vincenzo e lo incontro ogni volta che sogno quel luogo dove c'è la piazzetta col bar, l'incrocio, la riunione in quel bugigattolo, il ciclomotore a cui fare il pieno... Ogni volta capita che ho bisogno di lasciare qualcosa in giro. Non volendo lasciar nulla incustodito (più per paura di scherzi che per paura di ladri) mi ritrovo Vincenzo lì, sulla sedia a rotelle, con quel leggero sorriso che è il suo marchio di fabbrica. Sempre vestito con qualcosa che somiglia ad una tuta blu da metalmeccanico, sempre con i capelli molto corti, mostra di avere una trentina d'anni di età (forse più di quanti non ne abbia davvero). Sta lì, davanti al bar, intere giornate a guardare il traffico. Se rubassero le mie cose, lui potrebbe a stento (e non senza pericolo) dare l'allarme. Ma accetta ugualmente il fastidioso incarico, con quel sorriso che tradisce generosità. Non ricordo più il cognome di Vincenzo, eppure me lo avrà detto in almeno due occasioni. L'ultima volta stavo per promettergli qualcosa per ricompensarlo della cortesia che mi usa, ma non avevo idea di cosa potesse essergli talmente gradito da non sentirsi tentato di rifiutare per pura cortesia. Perciò, più che qualcosa da mangiare, stavo quasi per promettergli che gli avrei presentato una donna (nella speranza che si sarebbe innamorata di lui). Ma un attimo prima di parlare mi rendevo conto dell'impossibilità di mantenere la promessa. Le donne che conosco pensano tutte di essere inguaribilmente romantiche ma riescono ad innamorarsi solo di belloni ricconi svitatoni, non sanno apprezzare un uomo semplice, sincero, e per di più non in perfetta condizione fisica. Le donne che conosco sanno innamorarsi solo di uomini che le maltrattano (ecco perché non si innamorano mai di me... e nemmeno di Vincenzo).

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