martedì 12 luglio 2011

Quei jingle pubblicitari alla radio... sembrano la brutta copia degli equivalenti americani. I quali a loro volta sono un patetico tentativo di abbellire e pacchettizzare canzonette popolari. Le quali a loro volta sono un ridicolo tentativo di far musica sulla scia di una tradizione che già a suo tempo non c'era più, soppiantata dall'anticlericalismo. Nel risalire alle origini di ogni produzione musicale, si finisce invariabilmente alle sontuose musiche delle chiese, quelle dove cori di monaci si applicavano per dare la perfezione e la maestosità, convinti di dover piacere al loro Dio prima che agli uomini stessi. Oggi quei monaci non esistono più, quella ostinata ricerca della bellezza e della perfezione non esiste più. La massima espressione architetturale non è più la cattedrale ma la filiale della banca. La massima espressione musicale non è più il requiem di Mozart ma la canzonetta in playback della puttanella di stagione. La massima espressione artistica non è più una cappella Sistina ma la vera merda d'autore inscatolata ed esposta al museo. La massima espressione letteraria non è più la Divina Commedia ma le gag volgari del cabarettista stagionale o le clausole in piccolo dei contratti telefonici. Nei tempi della miseria e dell'oscurantismo nascevano l'architettura, la scultura, la musica, l'arte. Nei tempi della falsa abbondanza abbiamo invece solo merda, virtuale e reale. A volte, a sentire quei jingle pubblicitari alla radio, vien tanta voglia di scappare, di tornare nel medioevo.

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