mercoledì 23 febbraio 2011

Cinque o sei anni fa, non so come, potei aggiungere sul MSN una donna che abita a poco meno di un centinaio di chilometri da me. Tentai di fare il galletto, tentai di invitarla a prendere un gelato insieme (avrei percorso duecento chilometri, tra andata e ritorno, solo per offrirle un gelato), ma non volle. Poi per molto tempo è scomparsa dal MSN. Temevo che mi avesse bloccato ma non cancellai il suo contatto, così come non ho cancellato i contatti che non risultano più raggiungibili su hotmail (cioè quelli che sono stati completamente cancellati dai loro proprietari). Ieri sera, poco prima che io andassi via dall'ufficio, improvvisamente si rifa viva. Bastano pochi secondi per mandarmi il cuore a cento all'ora. “Ti ricordi di me?” mi chiede. Certo, rispondo, senza precisare che ricordo bene quanti gentili tentativi ho fatto per esserti più vicino, e quanto ci ho messo per tentare di invitarti a prendere un gelato (senza riuscirci). “Mi sento sola e abbandonata, non mi sento in pace con me stessa e con gli altri”. Comincia a lamentarsi delle solite cose di cui si lamentano le donne quando sono prese dalla solitudine. Ho il cuore che si scioglie, ma non posso offrirle altro che me stesso, nel modo più delicato possibile. Le rispondo onestamente (non ho una ricetta per sanare il suo stato d'animo), ma ancora non finisco di scriverlo che lei già mi autorizza a mandarla a quel paese. Dev'essere proprio giù di giri, se parla così. Do fondo a tutta la delicatezza di cui sono capace: per un attimo mi sento un padre, per un momento mi sento un marito, per un istante mi sento un figlio, ma per la maggioranza del tempo mi sento come un amante non corrisposto che è allo stesso tempo addolorato e orgoglioso di poter spendere qualche parola per lei. Ad un certo punto, costretto dalle circostanze, le chiedo se è in lacrime. Mi dice che ha pianto tutto il giorno. Le chiedo se vuole parlarne al telefono, ma a quel punto lei cambia registro, mi ringrazia per averla lasciata sfogare, saluta e scappa. Faccio appena in tempo a dirle che le lacrime liberano l'anima da tanti pesi, e lei già mi dà la buonasera e scompare. Da ieri sera sto ancora rimuginando: sarò stato troppo invadente? Avrebbe chiacchierato ancora a lungo con me se io non le avessi proposto di parlare al telefono? Sarà stata gelosa del suo numero di telefono per un semisconosciuto “vecchio amico”? Certamente avrà chattato con me solo perché ieri sera ero l'unico a cui poteva parlare, l'unico contatto on-line che ha trovato. Mi sento come un mendicante che elemosina persino una chiacchierata con una donna. Tutto ciò che ho guadagnato ieri sera è stato un piccolo (ma per me preziosissimo) “grazie per avermi ascoltata”. Chissà se e quando avrò modo di ascoltarla ancora. Chissà se ne ascolterò mai la viva voce. Chissà se potrò mai compiere quei cento chilometri di scomodissimo viaggio per poterla ammirare e per poterle regalare un misero gelato. Chissà se potrò mai tenerla per mano, anche soltanto per un istante. Mi vengono lacrime al solo pensare quest'ultima scena, in una piazzetta di un paesetto di provincia, con un sole pallido sullo sfondo, mentre per un attimo solo, brevissimo e interminabile, le tengo la mano per salutarla guardando il suo volto semplice che non dimenticherei mai più.

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