giovedì 8 settembre 2011

Insomma, chiudi il computer e vorresti guardare fuori, come per scaricare il magone sul panorama. Vorresti guardare fuori e invece guardi solo le ante della finestra. Fuori c'è un intero mondo e tu guardi la finestra, senza neppure vedere cosa c'è al di là del vetro. Ti accorgi che fai così perché ti manca il fiato. Non hai fiato neppure per mormorare quell'urlo di rabbia che ti viene su dal cuore. Una donna intelligente, di grande talento, con un visino acqua e sapone, delle mani delicate, ha dedicato anni e risorse a quel progetto assurdo e inutile, quella insignificante e assurda opera. Trentadue anni oggi, ne aveva ventiquattro quando ha cominciato. Otto lunghissimi anni, di cui sette passati insieme ad un uomo che diceva di amarla e invece la usava come bestia da compagnia o come giocattolo di piacere. Già ti piange il cuore per questo. Ma ti piange il cuore ancor più pensando all'immane fatica per realizzare questo monumento al niente. Un enorme monumento al niente. Un pupazzo di neve nel deserto del Sahara: riuscito benissimo, ma già albeggia, riuscito perfettamente, ma il sole che lo illumina tra pochi minuti lo ridurrà ad un lontano e misero ricordo. Lui ti ha piantata, gettandoti via con distrazione, come l'involucro delle gomme da masticare. Prima ti dedicavi tutto il giorno a questo imperioso monumento al niente, dopo ti sei dedicata giorno e notte. Una banalissima circostanza ci ha fatti conoscere. Un attimo prima sulla metropolitana e non ci saremmo sfiorati, non ci saremmo incontrati. Alcuni minuti di viaggio insieme, all'inizio parlando come marionette, formali, fredde, come per far passare il tempo rispettando le regole del galateo, ma poi con più familiarità, più umani, più vivi. E infine vispi. Ti sei detta sorpresa di conoscere uno come me: forse non sai (o forse sai bene) che per sciogliere il cuore di un uomo basta così poco, basta ancor meno di quelle parole. “Sorpresa”: non tutti gli uomini sono come quello che ti ha sfruttata, non tutti gli uomini sono come quelli che quotidianamente ti respingono. Ci sono uomini come me, condannati probabilmente alla solitudine perché respingono fermamente l'idea che le donne siano oggetti. Non ho insistito troppo per conoscerti, perché ogni volta che stavo per aprir bocca mi sembrava di invadere la tua vita, di storpiare la tua privacy, di disturbare la tua quiete. Mi innamoro sempre delle donne che soffrono, che hanno sofferto. Mi innamoro sempre delle donne che non hanno mai avuto un amore vero. Mi fanno tanta tenerezza le donne vittima di immeritate delusioni sentimentali. Ma la vita è dura: alla tua stazione, un breve saluto e via. Quell'attimo in più di esitazione della vettura della metropolitana, con le porte ancora aperte, ti ha permesso di lanciarmi un ultimo sguardo e di accompagnare un bacio con le tue dita. Dopo una frazione di secondo, un tempo in cui si è fermato tutto, si è fermato il mio cuore, si è fermato il mondo circostante, si è fermato il tempo e lo spazio, dopo quella frazione di secondo ho trovato forza per risponderti col tuo stesso gesto, con tutta la delicatezza che mi è stata possibile. Si sono chiuse le porte e ci siamo persi nella folla ancor prima che la vettura si mettesse in moto. Mi avevi detto che utilizzi molto internet. Ti avevo chiesto se tu avessi un blog. Chissà se capiterai su questa pagina, mi riconoscerai, e mi lascerai un messaggio. Mi piacerebbe tanto rivederti, e se ti rivedessi probabilmente ti chiederei di non lasciarmi più, e di capire che queste lacrime non sono più di dolore o di solitudine.

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