giovedì 15 settembre 2011

“Ma insomma!” gridò l'uomo verso le capriate del tetto, “dopo che ho fatto tutto questo per te, dopo che con un nodo in gola ho fatto per te anche le cose che più mi ripugnavano, dopo tutto questo mi pianti in asso all'ultimo minuto? Ma dico, all'ultimo minuto? Ma sei proprio un sadico! È colpa tua, se sono così, è colpa tua!” Sentì gli occhi bagnarsi di lacrime. “È colpa tua!” gridò ancora verso le capriate, “Colpa tua, colpa tua!” diceva mentre la lingua gli si impastava e la voce gli si rompeva. Volle mantenere un contegno davanti al deposito vuoto, si girò di lato come per non essere visto dalle capriate. Si avviò di buon passo verso la porta. Diede un colpo violento alla maniglia, e la luce del giorno lo accecò, perché era ancora assuefatto alla semioscurità. “Colpa sua”, si ripeteva tra sé, ora resistendo alla tentazione di gridarlo, ora cedendo alla tentazione di mormorarlo. Sbatté la porta, alzando una nuvola di polvere. Entrò in auto. Faticò a trovare le chiavi. Faticò di più a inserire la chiave nel cruscotto e ad accendere il motore. Ebbe qualche incertezza col cambio, che gli costò grotteschi rumori di ingranaggi e una smorfia sul viso come se avesse provato un dolore lancinante nelle carni. Si fermò qualche metro più avanti, mentre altre nuvole di polvere si alzavano dalla traccia delle ruote. Una lucertola, ferma sul palo, sembrava osservarlo. Reclinò la testa sul volante per qualche attimo. La lucertola lo osservava ancora, più ferma di una pietra. “Ma perché? Perché?” si chiedeva mentre finalmente lasciava scorrere le prime lacrime. “Perché? Perché mi hai scaricato così? Perché? Perché proprio all'ultimo momento? Perché? Dopo tutti i soldi che hai guadagnato col mio lavoro! Perché?” Immaginò che la lucertola fosse diventata grande, grandissima, capace di inghiottire lui e la macchina in un sol boccone. “Perché?” E più si chiedeva “perché” e più il lucertolone diventava famelico. Aprì gli occhi di colpo, per assicurarsi che la lucertola fosse ancora lì. Era ancora lì, anche se le lacrime gli avevano annebbiato la vista, ed aveva ancora le stesse dimensioni di prima. Inserì di nuovo la prima e svoltò verso destra, risalendo lo sterrato fino alla statale. L'immagine del lucertolone gli tornò in mente la notte successiva, in sogno: fermo davanti alla macchina, con la bocca chiusa ma pronto a scattare, mentre lui tentava disperatamente di muovere volante, pedali e marce, senza riuscire a spostarla di un millimetro.

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