giovedì 14 ottobre 2010

Tutto cominciò quando un collega parlò di un posto in Alaska, di cui aveva sentito parlare in un telefilm. Disse che si poteva raggiungere con non so quanti euro (che a lui non sembravano tantissimi). Subito dopo un altro collega cercò una destinazione ancora più esotica. Io cercai qualche posto freddo in Canada. Fu una pandemia. Per giorni non si parlava d'altro: quasi sembrava che ogni minuto libero fosse dedicato alla pianificazione dei voli per le destinazioni più incredibili, talvolta esagerando sull'aspetto dell'economia, talvolta su quello della distanza. La mia destinazione preferita, un villaggetto sull'Artico, arrivava a costare oltre ottomila euro di viaggio. Avrei visto i caribu con questi miei stessi occhi. E poi? Già, come in quella poesia di Montale: tanta fatica per preparare il viaggio, tanta ansia nel preparare il viaggio, ma una volta a destinazione l'inquietudine che ci portiamo dentro resta la stessa. La soddisfazione del viaggio sembra essere più il veder passare i “chilometri” sotto di noi piuttosto che il raggiungere un'esotica meta in cui vedere esotiche cose da raccontare ai colleghi di lavoro, una volta tornati, nei momenti di stanca di quelle giornate sempre uguali. “Ho visto i caribu”. Ma bravo. E poi?

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