lunedì 6 settembre 2010

Sono sempre più terrificato dalla presenza di tutti questi extracomunitari. Vedo un popolo che scompare. Il mio popolo si sta estinguendo silenziosamente. Contraccettivi, aborto, denatalità pazzesca (quante donne ho sentito dire “un figlio basta, due sono già troppi”): l'Italia non genera, l'Italia si avvia verso la sterilità. Siamo alla media di un aborto ogni tre nati, senza contare le pillole abortive e gli altri strumenti intesi a impedire la vita. Dal 1978 ad oggi, almeno quattro milioni di giovani italiani mancano all'appello, uccisi nel grembo materno a spese dello stato, cioè a spese tue e mie. Quei giovani morti vengono rimpiazzati dagli extracomunitari: serve manodopera a basso costo, servono badanti, servono prostitute. Il mio popolo non solo è sterile ma si avvia al suicidio. Un popolo pieno di speranze è sempre prolifico. Un popolo che odia se stesso è sempre sterile. Ogni extracomunitario che vedo nella metropolitana mi è straniero: tra di loro parlano la loro lingua, tendono a vestire a modo loro, a mangiare a modo loro. Anche se dotati di cittadinanza italiana, anche se capaci di parlare e scrivere in italiano, non sono italiani, non vogliono essere italiani. Si rinchiudono nei loro ghetti virtuali, come quel gruppo di ragazzi che vedo spesso in stazione: telefonini, orecchini, magliette della nazionale di calcio italiana, ma è sempre un gruppo chiuso, nella loro lingua slava, impermeabili alla cultura italiana, dall'orizzonte limitato. Assorbono alcuni dei nostri difetti (alcool, fumo, abiti scollacciati, droghe) ma nessuno dei nostri pregi. Li vedi con la maglietta della nazionale italiana, ma dell'Italia non gliene importa niente, men che meno della nazionale di calcio. Vogliono solo rimanere chiusi nei loro ghetti virtuali. Ognuno di loro è un italiano in meno, ognuno di loro rimpiazza un bimbo ucciso dall'aborto, ognuno di loro tende o alla malavita o al lavorare al posto di un italiano ammazzato tra il concepimento e la nascita. Il mio popolo si sta suicidando lentamente e silenziosamente.

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