lunedì 20 dicembre 2010

Nel miglior anno della mia adolescenza ero innamorato perso di quella ragazza. Ce l'avevo in pugno, come si suol dire. Avrei dovuto solo farle capire che ci stavo. Gita scolastica, cena al ristorantino ungherese. Con un'abile mossa riesco ad ottenere uno dei rarissimi tavoli da due persone e a sedere di fronte a lei, solo io e lei, mentre gli altri (voglio sperare) non facevano troppo caso a quel che ci dicevamo. Lei, quasi tremante, mi chiese: “allora, cos'è che volevi dirmi?” Ci servirono un brodino grigio. Il cameriere si allontanò e lei, con l'ultimo brandello di coraggio e di speranza che aveva, tornò per un'ultima volta all'attacco: “dai, volevi dirmi qualcosa?” Forse sarebbe bastato uno sguardo. Non riuscii neppure a guardarla. Fino alla fine della cena. Non so quante parole pronunciai nella mezz'ora successiva. Forse due, forse tre in tutto. Qualcosa mi bloccava, non so più cosa. Non era quel brodino malefico. Forse non erano nemmeno le occhiatine interessate da parte del resto della classe. Nel ripensarci mi vengono quasi le lacrime perché a distanza di anni ho capito tantissime cose della mia vita, ma quell'impossibile silenzio non l'ho mai capito. Non so perché restai così, di sasso. Non so perché evitai di servirmi di quell'occasione fornitami su un piatto d'argento. Non so. So solo che non so. Oggi, dopo tanti anni, poteva essere mia moglie. Oggi sono single, così come sono sempre stato da quella sera. Lei era lì ed aspettava un mio monosillabo. Avrebbe abbassato lo sguardo e trattenuto sorrisi e lacrime. Lei ci teneva tanto, forse ci teneva ancor più di me. È terribilmente poetico, doloroso e grandioso allo stesso tempo, gradevole e pericoloso nello stesso momento, innamorarsi di una compagna di classe mentre nessuno fa il tifo per te e per lei. Ero lì, bloccato, bloccato nel corpo e nella mente e nel cuore. Era la donna che avrebbe cambiato la mia vita. Tre mesi prima della maturità, il tempo di lasciarci invidiare dai compagni di classe e cominciare un'estate insieme e una vita insieme. Niente. Silenzio. Un blocco improvviso. Lei non me lo ha mai perdonato. Dopo quella cena mi evitò con sempre maggior durezza. Dopo la maturità trovai una scusa per incontrarla, lei fu formale come con uno che non avesse mai visto prima. Poi è scomparsa completamente. Un paio d'anni fa ebbi notizie di lei, vaghe e frammentarie. Non ho idea di quanto dolore io possa averle provocato. Non lo so, non ho idea, ho paura perfino di scoprirlo. Anche lei probabilmente è ancora single (non so se sono io che lo spero, o forse lo temo, oppure fu solo una mia approssimata deduzione da quel che mi riferirono un paio d'anni fa). Poteva bastare un solo sguardo, poteva bastare una sola parola, saremmo stati insieme per tutta la vita. Poteva, poteva. Poteva.

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