martedì 21 dicembre 2010

“Un altro racconto. Devo comporre qualcosa su un ragazzino che tiene su una banda di barbari distruttori. No, la banda più grande della città. Una città enorme e cupa, un desiderio di emergere e di vincere. Vincere la noia della vita. Devo scrivere un racconto violento solo per rappresentare il mal di vivere? Deve essere per forza un ragazzino solo perché il lettore lo identifichi con sè stesso a causa della propria sete di ringiovanire? Un racconto che non serva a sognare: deve essere un racconto che istighi a ricreare la realtà, come se fosse la rappresentazione simbolica della realtà da ricostruire. La banda ai suoi ordini sono le virtù che non riconosci. La città è il mal di vivere. Gli amici sono la nostalgia della purezza mentre ci divincoliamo nella malizia. Gli scontri sono un modo per dimostrare di esistere. Sarà un bel racconto. Sarà quel che una volta erano per i nostri nonni i racconti di pirati, tesori e avventure. Sarà. Chissà se sarà”.

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