martedì 9 novembre 2010

Il nonno prende la cassetta degli attrezzi e la porta sulle scale. Deve, deve assolutamente mostrare la sua utilità. Anche se tutte le altre volte è sempre finita nei guai. Non se la sente di star lì a “fare il vecchietto”: avverte l'urgenza di dimostrare che è utile, che fa qualcosa di buono per tutti. Deve. Prende le pinze e comincia a forzare lentamente il gancio. Lui sì che ha la saggezza necessaria per questo tipo di lavoro: chiunque avrebbe agito subito con forza. Ma lui no, lui forza delicatamente, perché non vuole che si spezzi. Solo lui poteva fare un lavoro del genere: anzi, solo lui “doveva” farlo, perché sapeva che doveva farlo per mostrarsi utile. Un attimo dopo il gancio si spezza. La ruggine ha ceduto. I cardini sono inclinati, l'anta resterà sempre aperta. Mette un po' di nastro isolante verde (è l'unico che aveva! pazienza se stona col colore del muro!) che si stacca quasi subito per il peso dell'anta. Mette nastro e nastro con abbondanza, fino a sudare per lo sforzo. Finisce il rotolo del nastro. L'anta sembra reggere. Un attimo per rompere il gancio, un quarto d'ora di preparazione, un quarto d'ora per rimediare al danno fatto, tentando di non pensare a cosa farà l'umidità a quel nastro. Torna in casa, imprecando. La figlia non intuisce al volo e gli domanda, pensando di far cosa gradita: “allora, hai sistemato quel gancio?” Il nonnetto impreca qualcosa sull'utilità delle persone e si allontana, cercando di non pensare ai tempi in cui era giovane e gli anziani non avvertivano la necessità impellente di produrre qualcosa di elogiabile dalla società.

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